Crac Fonderia San Martino: sei condanne, un rinvio a giudizio

Gli ex amministratori dovranno anche risarcire di 150mila euro i creditori del fallimento

La Fonderia San Martino con sede a Olginate

La Fonderia San Martino con sede a Olginate

Olginate, 22 settembre 2016 - Sei patteggiamentiI e un rinvio a giudizio per bancarotta fraudolenta per i sette imputati finiti a processo all’indomani del crac della Fonderia San Martino di Olginate. La pena più consistente (due anni) è toccata a Ernestina Magni, Enrico, Maurizio, Maria Luisa e Roberto Rossi, tutti a vario titolo amministratori e consiglieri della società per azioni e delle immobiliari sorte sulle sue ceneri.

Un anno e nove mesi invece a Ferdinando Luigi Rossi, residente a Sirmione, presidente del collegio sindacale mentre il collega Ezio Algarotti, residente a Bergamo, andrà a giudizio con apertura del procedimento già fissatacon l’udienza del 9 febbraio 2017. Questa la decisionedel giudice Paolo Salvatore al termine dell’udienza preliminare che vedeva i sette imputati accusati di aver posto in essere una serie di operazioni finanziarie per distrarre o comunque dissimulare parte del capitale sociale della società dichiarata fallita nell’agosto 2013 dal tribunale di Lecco.

Un danno economico che al termine delle indagini degli uomini della Guardia di Finanza coordinati dal sostituto procuratrore Nicola Preteroti è stato quantificato attorno ai dieci milioni di euro. Nel mirino soprattutto la scissione societaria (in gergo «spin off») del 16 gennaio 2009 mediante conferimento dell’intero patrimonio immobiliare della Fonderia San Martino in favore alla neo costituita «San Martino Immobiliare», con amministratore unico Maria Luisa Rossi nonché mediante il conferimento del 98% delle quote sociali della stessa Fonderia ceduta dalla famiglia Rossi alla nuova «San Martino Finance srl» con amministratore unico Roberto Rossi. Quest’ultimo, amministratore di diritto della spa fino al 20 gennaio 2009, è stato ritenuto il «dominus» dell’intera operazione fraudolenta e per questo condannato a risarcire il fallimento (sette i creditori costituitisi parte civile nel processo) con 100mila euro, pena la mancata sospensione della pena.

A questi centomila euro se ne aggiungeranno altri 50mila che dovranno essere corrisposti dagli altri imputati che hanno scelto di patteggiare. Il curatore fallimentare, l’avvocato Stefano Pelizzari del Foro di Lecco, si è detto «soddisfatto per la conclusione di una vicenda molto complessa da ricostruire in fase di indagini».