Consonno paese fantasma: via anche le rane

Nell’ex Las Vegas brianzola se ne contano appena 50 esemplari. Ora il comitato si appella ai proprietari del borgo per creare un’area umida

Pochissimi gli esemplari rimasti

Pochissimi gli esemplari rimasti

Lecco -  A Consonno non ci abita più nessuno, nemmeno le rane. Si sono praticamente estinte dal borgo fantasma. Nell’ex paese dei balocchi abbandonato dal 1976 se ne contano ormai non più di 50 esemplari rispetto agli almeno 500 di qualche anno fa. Lo denunciano l’ex sindaco di Olginate ed ex assessore provinciale Italo Bruseghini, Luciano Redaelli e Mario Dell’Oro, anime del Comitato Salviamo le rane di Consonno, che dal 2017 stanno cercando di mettere al sicuro almeno le poche rimaste e che appartengono a una specie tutelata per legge regionale. Fino al 2016 le rane si riproducevano in una fontana ormai dismessa dell’ex Las Vegas della Brianza. Poi però qualcuno ha manomesso lo scarico della vasca, prosciugandola e lasciandola a secco, condannando intanto a morte i girini che lì nuotavano e stavano crescendo, e poi distruggendo il "nido d’amore" delle rane, impedendone la riproduzione. Il mancato ripristino della saracinesca ha successivamente peggiorato ulteriormente la situazione, nonostante diversi volontari si siano impegnati a ripulire la fontana dai rifiuti e sistemare alla bell’e meglio lo scarico per garantire un livello dell’acqua minino e un habitat in cui almeno qualche rana possa continuare a deporre le uova.

Grazie all’interessamento del presidente del Parco regionale di Montevecchia e della Valle del Curone l’anno scorso sembrava finalmente che una soluzione fosse a portata di mano: "La creazione gratuita e semplice di un’area umida di 100 metri quadrati", spiegano dal Comitato per le rane. Peccato che la proposta sia stata inspiegabilmente cassata dai proprietari di Consonno, che sono gli eredi del conte Mario Bagno, l’eccentrico imprenditore morto il 22 ottobre 1995 alla veneranda età di 94 anni a cui si deve lo scempio dell’antico borgo rurale trasformato prima in immenso parco dei divertimenti e poi in borgo fantasma.

"Vogliamo ricordare che qualora i proprietari promuovessero un intervento di recupero dell’area, dovrebbero cedere gratuitamente 60mila metri quadrati da destinare a parco pubblico - provano a insistere i tre del Comitato -. I 100 metri quadrati da adibire a stagno sono poca cosa in confronto, per questo riteniamo la loro decisione di una cecità senza pari e di un egoismo e di un’arroganza sorprendenti, oltre che un affronto al territorio olginatese e un’ulteriore vergogna".