Bulciago, la farmaceutica israeliana chiude: i 109 dipendenti della Teva in sciopero

Manifestazione di protesta all'azienda che verrà chiusa nel giro di tre mesi

Alcuni dipendenti della Teva durante lo sciopero

Alcuni dipendenti della Teva durante lo sciopero

Bulciago (Lecco), 22 febbraio 2021 – I 109 dipendenti della farmaceutica Teva – Sicor di Bulciago hanno incrociato le braccia e sono in sciopero per protestare contro la decisione dei vertici israeliani di chiudere nel giro di tre mesi lo stabilimento. Davanti alla fabbrica che si affaccia direttamente sulla Sp 342 Briantea Como – Bergamo lunedì pomeriggio è stata organizzata una manifestazione di protesta. Al presidio, promosso dai delegati della Rsu e dai dirigenti delle principali organizzazioni sindacali territoriali, hanno partecipato tra gli altri anche il sindaco Luca Cattaneo e il suo vice Antonino Filippone e i lavoratori di altre realtà della zona in segno di solidarietà. Una volta chiuso l'impianto verrà smantellato e utilizzato per i pezzi di ricambio necessari al funzionamento delle altre unità produttive del gruppo, anche per evitare che subentrino possibili concorrenti. Tale decisione però impedirà a chi perderà il posto di accedere alla cassa integrazione straordinaria e di guadagnare un possibile ulteriore anno di ammortizzatori sociali.

“Fino a poche settimane fa stavano discutendo su possibili premi di produzione, poi settimana scorsa la doccia fredda della chiusura irrevocabile – spiega Nicola Cesana, segretario generale della Filctem Cgil di Lecco -. E' una scelta incomprensibile. L'anno scorso sono stati maturati 29 milioni di utili in tutto il gruppo e i conti di tutte le società farmaceutiche sono in crescita a causa dell'emergenza sanitaria in corso”. Oltre che per l'occupazione c'è molta preoccupazione per gli aspetti ambientali: il comparto deve infatti essere bonificato da alcune sostanze tossiche: se ne stanno occupando i tecnici dei precedenti proprietari dello stabilimento realizzato negli anni '60, ma la serrata potrebbe stravolgere i piani di bonifica quasi ultimati se non mandarli completamente a monte del tutto. “La preoccupazione è duplice – commenta il primo cittadino -. Da una parte la priorità è certamente la salvaguardia dell'occupazione per le 109 persone che rischiano il licenziamento, dall'altro come amministrazione comunale pretendiamo che venga portata a termine la bonifica”.