Nibionno (Lecco), 29 aprile 2014 - «Stavamo guardando la televisione in camera nostra, eravamo in pigiama. Verso le 11 di sera al piano superiore abbiamo sentito dei rumori, dei tonfi, come di lotta. Un quarto d’ora dopo qualcuno ha picchiato contro la porta della nostra stanza, sino a sfondarla». È stato l’inizio dell’incubo.

A rievocare quei tragici momenti ieri in tribunale è stato Alex Galbiati, il ventenne di Rogeno scampato alla mattanza che invece è costata la vita al suo coetaneo e amico di sempre Joele Leotta di Nibionno. Protetto dietro un paravento per impedire ai quattro lituani alla sbarra per il brutale omicidio anche solo di guardarlo, il giovane superstite ha ripercorso per i giudici del tribunale della Corte della Corona di Maidstone e i componenti della giuria popolare quanto accaduto nell’albergo di Lower Stone Street quella domenica 20 ottobre 2013.

Ai magistrati e ai giurati ha riferito che lui e Joele hanno tentato di difendersi con una sbarra di metallo strappata dall’anta di un armadio: «Ma uno di loro me l’ha strappata di mano e ci hanno picchiato». Lui è corso in bagno, Joele non è riuscito a trovare nessun nascondiglio. Poi, come erano arrivate, all’improvviso le furie sembrava si fossero allontanate. Non era così, perché mentre lui e Joele si stavano controllando le ferite e stavano per chiamare il 999, il numero di emergenza inglese, i lituani sono tornati. E si sono scagliati su Joele. «Ho cercato di fermarli, ho cercato di aiutare Jo, ma non mi lasciavano uscire dalla toilette, continuavano a colpirmi con quella spranga», ha sostenuto il teste.

Quando è riuscito a liberarsi ormai era tardi. Un racconto minuzioso il suo, intervallato dalla proiezione di immagini raccolte dagli investigatori sulla scena del crimine per dimostrare che quanto riferito non era un brutto sogno. E l’incubo Alex dovrà affrontarlo anche settimana prossima, perché dovrà proseguire nella testimonianza. «Poi - commenta il papà Luca Galbiati - speriamo che possa ricominciare a vivere».