Premana (Lecco), 17 aprile 2014 - Novanta chilometri per pagare un debito di «ben» 69 centesimi, che con gli attuali prezzi del carburante gli costerà - centesimo, più centesimo meno - una quindicina di euro. Roba da sganasciarsi dalle risate se non fosse che la storia - meglio, la tragicommedia - è verissima e vede coinvolto suo malgrado un artigiano edile di Premana, che dovrà pure sottrarre due ore di prezioso lavoro per affrontare il viaggio. Già, perché tra le stranezze di questa assurda vicenda c’è il fatto che per saldare il suo «mostruoso» debito con Equitalia dovrà recarsi di persona nella sede di Lecco. Ma andiamo con ordine.

Tutto inizia l’anno scorso quando l’artigiano si vede respinta la richiesta di un rimborso Iva 2012 di cinquemila euro per un debito pregresso di 69 centesimi con Equitalia. Si tratta, gli scrive l’Agenzia di riscossione, di una vecchia cartella esattoriale (tasse automobilistiche arretrate) pagata sì ma con un giorno di ritardo - sì avete capito bene, ventiquattro ore oltre il termine - il che comporta 63 centesimi di mora, più 6 centesimi di aggio. Già questo basterebbe per farsi il fegato amaro ma quel che è giusto è giusto e i debiti vanno saldati. Così l’artigiano incarica il suo commercialista di risolvere la cosa perché quei cinquemila euro fanno comodo specie in periodi di vacche magre come questi, con il lavoro ridotto al lumicino.

<EN>
LA STORIA a questo punto da simpatica si trasforma in grottesca perché il commercialista scopre che il debito con l’Erario non può essere saldato via internet, tramite un normale bonifico come fa il resto del mondo civilizzato. «Quando il cliente mi ha informato della questione - ci racconta Aldo Rizzi - gli ho subito chiesto l’estratto di ruolo di Equitalia per vedere se ci fosse un numero di telefono a cui rivolgersi ma nulla». Così il professionista accende il pc e «sul sito internet di Equitalia ci sono due numeri di telefono a cui chiamando però risponde l’operatrice che mi dice: “il numero è inesistente”. Così faccio un ultimo tentativo al numero verde e dopo una trafila che definirei orribile, mi suggeriscono di recarmi all’agenzia più vicina perché non si può fare altrimenti». Con una precisazione, doverosa quanto inquietante. «Mi dicono che deve venire di persona il mio cliente o comunque qualcuno in possesso di una sua delega».
<EN>
«MI CHIEDO se questo sia ancora un paese normale in cui vivere e lavorare. A me sembra una repubblica delle banane e tutta questa vicenda la racconterò in una lettera che indirizzerò al premier Renzi, nella speranza che tra le riforme previste ci sia qualcosa che in futuro eviti vicende assurde come questa».

andrea.morleo@ilgiorno.net