Annone Brianza (Lecco), 25 febbraio 2014 - E' durata un mese e mezzo la latitanza di Bruno Polito, 42 anni, originario di Locri ma da tempo residente a Longone al Segrino, nell’Erbese. L’uomo, pregiudicato e conosciuto con il nome di «Broccia», era il secondo uomo ritenuto responsabile della sparatoria che il 15 gennaio ad Annone Brianza stava per costare la vita a Kamel Louhabi, commerciante d’auto algerino di 35 anni di Erba, gambizzato con due colpi di pistola all’interno dei capannoni di uno sfasciacarrozze.

Il fratello Mario, 29 anni, residente a Pusiano e titolare della ditta di autodemolizioni «Sara» di Annone Brianza, era stato arrestato subito dopo l’agguato. Bruno invece aveva fatto perdere le proprie tracce, come aveva già fatto nel 2009, un anno dopo essere stato condannato in primo grado a vent’anni per traffico di droga, quando scomparve nel nulla, lasciando solo qualche traccia a Torino prima e Longone al Segrino poi, per essere infine catturato all’ospedale di Cantù.

Ieri i carabinieri del Gruppo di Monza, a conclusione di un’attività di ricerca condotta in collaborazione con quelli del reparto operativo del comando provinciale di Lecco, l’hanno individuato e arrestato. Il rifugio di Polito era un appartamento alla periferia di Bovisio Masciago dove i carabinieri l’hanno sorpreso senza che opponesse resistenza. Ora è rinchiuso nel carcere di Monza a disposizione del giudice. Era destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale di Lecco lo scorso 27 gennaio. La mattina del 15 gennaio i due fratelli Polito avrebbero litigato con il commerciante algerino, all’apparenza per un affare di lavoro andato a monte, cioè la mancata compravendita di un’auto da demolire. Si erano dati appuntamento proprio per chiarire la questione.

La vittima era stata prima percossa e poi raggiunta da due colpi di pistola alla gamba destra e al fianco sinistro. Nonostante le ferite è riuscito a sopravvivere. Mario Polito si era ripresentato nel luogo dell’aggressione quando i contorni della brutta storia non erano nemmeno ancora delineati.
Gli operatori del 112 del Nucleo operativo lo avevano accompagnato in caserma per ascoltarlo e non l’avevano più rilasciato se non per trasferirlo nel carcere a Pescarenico. In tasca gli avevano trovato quattromila euro in contanti, meno della metà degli 11mila che la vittima dal suo letto dell’ospedale sosteneva gli fossero stati rubati.

Il nome di Bruno Polito inoltre era già emerso due anni fa fra le 39 persone raggiunte dall’ordinanza di custodia cautelare emesse dal gip di Reggio Calabria, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, coinvolte nell’operazione denominata «Saggezza» e indagate a vario titolo per associazione mafiosa e  altri reati. In particolare l’operazione «Saggezza» alzava il velo sullo smercio di ingenti quantità di stupefacenti introdotte nel territorio italiano e in particolare in Piemonte e Lombardia. Un’attività che collegava nel traffico di droga Torino, Milano, la Calabria, il Lazio, il Belgio e l’Olanda e che vedeva in Bruno Polito «il motore per lo smercio delle ingenti partite di stupefacente».