Osnago (Lecco), 5 febbraio 2014 - Iron non verrà soppresso e nemmeno finirà abbandonato in un canile. Parola di Cristina Bonardi, il veterinario che se ne occupa da quando era un cucciolotto, che lo ha curato e salvato dopo che i carabinieri gli hanno sparato e che adesso lo sta assistendo. La dottoressa, direttore sanitario della clinica per animali «Fiume Adda» di Verderio, si adopererà in ogni modo affinché possa eventualmente trovare una nuova famiglia. I condomini del caseggiato tra le vie Pinamonte de Capitani e John Lennon, dove il molosso da 65 chili di stazza lo scorso lunedì ha sbranato il piccolo Markus di appena due anni. A casa loro infatti non lo vogliono più e probabilmente sarebbe troppo traumatico anche per il bambino che ha assalito incontrarlo e vederlo tutti i giorni. «È buonissimo, non ha mai mostrato segni di aggressività verso nessuno, ha un carattere estremamente docile - spiega l’esperta -. È talmente docile che mentre lo operavamo non abbiamo nemmeno dovuto mettergli la museruola. Non sarebbe giusto che pagasse colpe che non ha».

Ma allora cosa è successo, cosa è scattato in lui per trasformarlo in una furia nera? «Evidentemente non ha riconosciuto in quel bimbo un cucciolo d’uomo, altrimenti lo avrebbe protetto, non azzannato. Probabilmente lo ha scambiato per un giocattolo con cui divertirsi, una sorta di bambolotto di pezza, e quando hanno tentato di strappargli dalle fauci quello per lui era il suo balocco si è opposto. Fosse stato un chiwawa, specie molto piccola ma combattiva, non sarebbe capitato nulla, ma con la sua stazza e la potenza del suo morso le conseguenze si sono rivelate purtroppo devastanti».

I denti di una bestia del genere possono esercitare sino a 150 chili di pressione, se avesse voluto lo avrebbe certamente ucciso. E che si tratti di un esemplare particolarmente potente lo dimostra pure il fatto che è sopravvissuto ad un colpo di pistola esploso a bruciapelo che gli ha reciso di netto un’arteria, quella omerale. «Ha perso molto sangue, circa due litri, ha completamente imbrattato la strada quando è fuggito, l’auto su cui è stato caricato e il mio studio. Eppure se l’è cavata, siamo riusciti a infondergli liquidi e idratarlo e si è ripreso rapidamente». Di certo dal proprio recinto non avrebbe dovuto scappare: «La rete non era adatta, bisognava rinforzarla e prevedere che avrebbe potuto scavalcarla». La preoccupazione principale però naturalmente è per il bambino: «Come tutti spero che si ristabilisca presto e senza conseguenze».