Annone Brianza (Lecco), 19 gennaio 2014 - È Bruno Polito, 41 anni di Platì, detto «Broccia», il secondo uomo sospettato di aver preso parte alla sparatoria che mercoledì mattina ad Annone Brianza stava per costare la vita a Kamel Louhabi, commerciante d’auto algerino di 35 anni di Erba, gambizzato con un colpo di pistola all’interno dei capannoni di uno sfasciacarrozze. Si tratta di un nome che scotta, non solo perchè fratello maggiore di Mario, il legale rappresentante 28enne del rottamaio ritenuto dai giudici e i procuratori di Milano in base ad alcune intercettazioni «uomo» di un boss della ‘ndrangheta lombarda, arrestato poco dopo l’agguato, ma perché a sua volta finito in manette nel novembre 2011 con altre 58 persone nell’ambito di un’importante inchiesta - denominata «Saggezza» - sulla criminalità organizzata coordinata dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Sulla spedizione punitiva, organizzata forse per un regolamento di conti per un affare fallito, si addensano quindi sempre di più le ombre della criminalità organizzata.

Il 41enne era tornato in libertà da poco, ma su di lui grava adesso una nuova accusa, quella di lesioni personali gravi e rapina. Al momento risulta irreperibile, come del resto accaduto nel 2009, un anno dopo essere stato condannato in primo grado a vent’anni per traffico di droga, quando scomparve nel nulla, lasciando solo qualche traccia a Torino prima e Longone al Segrino poi, per essere infine catturato all’ospedale di Cantù dove era stato ricoverato da qualche giorno per motivi di salute. «Attivo all’associazione di stampo mafioso denominata ’ndrangheta, in particolare quale appartenente alla Locale di Ciminà, con il compito di assicurare le comunicazioni tra gli associati, partecipare alle riunioni ed eseguire le direttive dei vertici della società e dell’associazione, riconoscendo e rispettando le gerarchie e le regole interne al sodalizio», si legge nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa contro di lui. Ma anche «il motore per lo smercio delle ingenti partite di stupefacente» e «incaricato per redarguire, incitare e stimolare l’attività dell’intera organizzazione che ruotava».

Dopo gli affiliati del clan di Franco Coco Trovato, che adesso ha 66 anni e deve scontare l’ergastolo, e di Salvatore Strangio, il 59enne di Careri che ha messo le mani su quella che era la “Perego strade” di Cassago Brianza, ora si scoprono dunque che in Brianza e in provincia di Lecco si potrebbero essere infiltrati pure gli «sgarristi» platanesi trapiantati sulle sponde del Lario. Il sospetto, tutto da provare e dimostrare e su cui eventualmente dovranno esprimersi gli inquirenti della Dda milanese, è che possano essersi approfittati di un imprenditore in difficoltà, cioè l’ex proprietario della «Sara» di Annone, gravato da 6milioni di debiti nei confronti dei funzionari di Equitalia, per mettere le mani sull’attività di rottami e gestire attraverso di essa traffici poco chiari.

di Daniele De Salvo

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