Merate (Lecco), 5 gannio 2014 - L'ultima aquila randagia della Brianza è volata «al bivacco di lassù», come avrebbe detto lo stesso Bufalo, totem di Mario Isella, morto il primo giorno dell’anno all’età di 90 anni compiuti il 6 settembre scorso. Era uno dei pochi testimoni ancora viventi dello scautismo clandestino durante il Fascismo. Si è spento in un letto dell’ospedale San Leopoldo Mandic dove era ricoverato dal 27 dicembre in seguito a difficoltà respiratorie. I funerali si sono svolti ieri mattina, nella prepositurale di Sant’Ambrogio di Merate, dove viveva dal 1966. Il feretro è stato poi trasferito al cimitero di Monza, sua città natale. Ad animare la liturgia ci hanno pensato i suoi» scout, giovani e meno giovani, che durante la messa hanno donato un giglio, emblema distintivo del movimento, un ramo di vischio della Val Codera, luogo simbolo delle Aquile randagie e tre libri scritti da lui.

Ma sono stati pronunciati e letti anche tanti messaggi di cordoglio e insieme di gratitudine: «Ci hai portato in alto e ci hai fatto volare con te», lo hanno ricordato gli amici e i suoi discepoli, «Sei stato fedele», «Ci hai donato la tua testimonianza», «Hai trasmesso il desiderio di vivere come hai vissuto tu». Poi la lettura della promessa scout, che lui aveva rinnovato 73 volte e l’ultimo saluto con l’indice, il medio e l’anulare della mano destra tesi e uniti, il mignolo ripiegato sotto in pollice e il palmo proteso in avanti, il classico saluto degli scout che indica proprio la Promessa Scout e l’impegno dei più grandi a difendere i più piccoli. L’incontro di Mario Isella con il movimento fondato da Baden Powell è stato quasi casuale, grazie ad un sacerdote dell’oratorio che frequentava, quando già l’associazione era stata sciolta e bandita dal Duce. «Mi ci sono trovato dentro in questa vita diversa, di libertà, di bontà, di partecipazione, di aiuto a chi aveva bisogno», raccontava. Era una scelta difficile, rischiosa, per lui e i suoi genitori.

«La promessa scout chiedeva di servire la Patria, ma allora la Patria diceva solo di «credere, obbedire e combattere». Noi Aquile randagie ci rifiutammo rifiutarono, ma non per questo abbiamo tradito la promessa, che parla della legge di lealtà, di libertà, di fraternità e di fare del proprio meglio per crescere uomini onesti e cittadini preparati e responsabili. Abbiamo pertanto giudicato che il nostro vero servizio alla Patria era ribellarsi al regime. Come dire: fedeli e ribelli». Ma anche dopo la Liberazione, nel 1945, aveva continuato a militare negli scout e pure da anziano, girando l’Italia. per portare la sua testimonianza. «Che San Giorgio e la Madonna di noi scouts ci aiutino a lasciare il mondo un po’ migliore di come lo abbiamo trovato», si legge nel suo testamento spirituale scritto nel maggio 2013.

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