Nibionno, 14 dicembre 2014 - “Di fronte alla morte di Joele viene spontanea una riflessione: nel nostro cuore è impresso il desiderio di una vita e di una gioia senza fine, per cui il nostro traguardo ultimo dovrebbe essere non la morte, ma la vita, non il dolore ma la gioia. Ma allora perché?”. Se lo è chiesto anche il parroco di Tabiago don Luigi Bianchi sabato sera e lo ha domandato a quanti si sono radunati nella camera ardente allestita nel municipio del paese per pregare attorno al feretro del 20enne di Nibionno che il 20 ottobre è stato massacrato di botte a Maidstone, nel Kent.

La sala consiliare, adibiti per l’occasione a sala del commiato, non è riuscita da accogliere le centinaia di persone che si sono strette in un abbraccio collettivo a nanna Patrizia, papà Ivan e al fratello minore Massimo. Tra loro anche Alex Galbiati, l’amico di sempre scampato alla mattanza e tutti gli altri della compagnia del parchetto, dove si ritrovavano prima che lui partisse per l’Inghilterra.

Nessuno però ha saputo rispondere al quesito, nemmeno il sacerdote, perché quanto accaduto non ha spiegazione. Per questo ha invitato solo a pregare, senza aggiungere altro, e a stare vicino ai genitori, per lenire almeno in parte la sofferenza che provano. “Perché noi tutti, in particolare i familiari e gli amici di Joele, possiamo superare questo doloroso distacco, convinti che non solo il ricordo, ma soprattutto lo spirito di Joele, sarà sempre con noi”.