di Daniele De Salvo

Sirtori, 11 settembre 2013 - Quella donna coperta da capo a piedi con il burqa che lasciava intravedere a stento gli occhi non poteva passare inosservata a Sirtori, piccolo centro di tremila anime nel cuore della cattolicissima Brianza lecchese. A molti non piaceva, specie ai genitori e ai nonni degli alunni della materna e delle elementari dove l’islamica accompagna tutti i giorni i suoi tre figli. Non per questioni religiose e nemmeno per razzismo, solo perché avrebbe spaventato i bambini o perché sotto quell’indumento integrale avrebbe potuto celarsi chiunque, magari un terrorista o più semplicemente un malintenzionato.

Per questo qualcuno si è rivolto al sindaco per chiedere di intervenire e obbligarla ad abbandonare i panni coranici. E il primo cittadino Davide Maggioni, 37 anni, a capo di una lista civica di centrosinistra («mio malgrado», assicura) non ha potuto fingere di nulla, perché un regio decreto del 1931 stabilisce che «è vietato comparire mascherato in luogo pubblico». «Di fronte alla legge siamo tutti uguali e tutti dobbiamo rispettarla, anche se è datata di quasi un secolo», spiega quasi scusandosi.

Piuttosto che passare direttamente alle vie legali, ha tuttavia preferito ricorrere ad una missiva indirizzata alla signora e al marito, il quale è stato convocato in municipio affinché convincesse la consorte a sostituire il niqab (il velo integrale) con uno chador, che copre solo il capo e le spalle. Detto, fatto: prima ancora che le venissere recapitata la lettera, la musulmana ha infatti optato per il semplice copricapo. A dover rinunciare alla tunica tradizionale è una giovane marocchina contro cui si sono lamentate in municipio diverse mamme e la nonna di un compagno di classe: «Non è stato per razzismo — garantisce l’ultima — ma i mei nipoti avevano paura, e anche io quando la incontravo mi inquietavo».

Adesso che la legalità è stata ripristinata, nessuno ha nulla da temere e tutti possono portare tranquilli figli e nipoti in classe. Prima che a Sirtori ci avevano già pensato a Calolziocorte a vietare il burqa, nel 2004, quando il sindaco dell’epoca, Paolo Arrigoni, adesso senatore della Lega Nord, emanò addirittura un’ordinanza, poi cassata dal prefettto di Lecco Roberto Aragno, perché «superflua» e perché in zona non si erano «verificati episodi tali da giustificare un simile provvedimento».