Lecco, 17 aprile 2013 - «Rischia l'ergastolo, lo so bene. Ma abbiamo scelto di andare a dibattimento perché il mio assistito continua a professarsi innocente e cercheremo di dimostrarlo davanti ai giudici». L’avvocato Stefano Didonna, che insieme alla collega Jessica Martino difende Santo Valerio Pirrotta - disoccupato, 46 anni originario di Lurago - non nasconde i rischi connessi al processo che il 23 settembre prossimo si aprirà in Corte d’Assise a Como.

Il suo assistito è uno dei tre imputati dell’assassinio di Antonio Caroppa, il padre di famiglia di 42 anni di Paderno d’Adda freddato la sera dello scorso 10 maggio nel box sotto casa. Gli altri due correi - i due cugini Fabio Citterio, tecnico informatico di 46 di Lurago d’Erba (difeso dall’avvocato Marcello Perillo) e Tiziana Molteni, operatrice sanitaria 54enne di Dolzago (difesa dall’avvocato Vito Zotti - hanno optato per scelte processuali diverse, scegliendo il rito abbreviato e quindi confidando in uno sconto di pena. In questo caso l’udienza è già stata fissata per il 1° ottobre prossimo.

Questo il bilancio al termine della lunga udienza preliminare, terminata nel primo pomeriggio di ieri in tribunale, a Lecco. Davanti al Gup Massimo Mercaldo e all’accusa (fascicolo nella mani del sostituto procuratore Rosa Valotta) sono comparsi i tre imputati, accompagnati dai rispettivi difensori. In aula anche i legali dei parenti di Antonio Caroppa - la compagna, la figlia, la madre e il fratello - che si sono costituiti parte civile. Dopo una lunga camera di consiglio, il giudice Mercaldo ha respinto anche la richiesta di una perizia psichiatrica su Fabio Citterio avanzata dal suo legale.

«La perizia psichiatrica che ho chiesto - ha tenuto a precisare l’avvocato Perillo al termine dell’udienza - era un presupposto per valutare la capacità di intendere e volere del mio assistito, che ricordo è stato vittima di un ictus, antecedente i fatti». La giornata di ieri ha di fatto delineato le strategie adottate dalle singole difese. La posizione di Pirrotta verrà discussa davanti dalla Corte d’Assise di Como, chiamata a valutare la sua versione di quella notte. una versione che non è mai cambiata: Pirrotta ha sempre raccontato di essersi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Agli inquirenti ha più volte ribadito di aver solamente accompagnato a Paderno i due cugini, dei quali non conosceva le intenzioni, e di non aver in alcun modo partecipato all’assasinio. Opposto il comportamento degli altri due imputati, che in qualche modo non hanno mai negato di aver preso parte all’esecuzione. Resta l’incognita sugli specifici ruoli anche se dalle varie deposizioni rese in diversi momenti sembrerebbe che Tiziana Molteni avrebbe minacciato la vittima, uccisa poi da un colpo accidentale partito dalla pistola impugnata da Fabio Citterio. Su questo i racconti dei due correi troverebbero dei punti di contatto, anche se non c’è la completa convergenza. Versioni che comunque dovranno essere vagliate con attenzione durante il rito abbreviato.

andrea.morleo@ilgiorno.net