Gaza, 17 settembre 2012 - Dopo tanti rinvii oggi è arrivato il giorno della verità per i quattro sequestratori e assassini di Vittorio Arrigoni, il cooperante italiano di 36 anni di Bulciago per i diritti umani dei palestinesi ucciso nella notte tra il 14 e 15 aprile 2011 a Gaza. I giudici della corte militare dei Territori occupati della Striscia hanno deciso: due ergastoli, una condanna a dieci anni e infine una a un anno. Rischiavano tutti la pena di morte, ma contro tale eventualità si erano già pronunciati i familiari della vittima.

La sentenza del carcere a vita è stata emessa nei confronti di Mahmoud Salfiti e Tamer Hasasnah di 23 e 25 anni ritenuti colpevoli sia del rapimento sia del delitto capitale. Il primo era stato catturato durante il blitz da parte degli agenti delle forze speciali Hamas per cercare di liberare l’ostaggio ormai però già morto, nella stessa operazione in cui vennero ammazzati Abdel Rahman Breizat e Bilal al Omari, i capi della cellula salafita che aveva organizzato l’operazione.

Nonostante l’ergastolo, in base alla legislazione del posto, i due saranno comunque liberi tra 25 anni e poi termineranno di scontare la pena ai lavori forzati. Lavori forzati a vita al termine dei dieci anni di reclusione anche per Khader Jram, 25 anni, il terzo alla sbarra, che ha proposto ai complici di rapire l’attivista brianzolo e che è stato riconosciuto responsabile proprio del sequestro.

Amer Abu-Ghoula, l’ultimo imputato anche lui di 25 anni, se lì invece cavato con un anno, perché si sarebbe limitato ad affittare agli altri l’appartamento dove nascondere l’ostaggio. E’ stato condannato in contumacia, perché dopo essere stato rimesso in libertà quasi subito di lui si sono perse le tracce.

Quando è stata letta la sentenza, nell’aula del tribunale allestita presso la Prefettura, ci sono stati momenti di forte tensione. I familiari dei quattro hanno insultato e minacciato pesantemente gli amici di Vik, tra i quali i legali del Centro palestinese per i diritti umani e l’avvocato Gilberto Pagani, che ha rappresentato la mamma Egidia Beretta, sindaco del paese e la sorella Alessandra. Per placare gli animi e improvvisare un cordone di sicurezza sono dovuti intervenire i poliziotti e tutt’ora si temono ritorsioni.

di Daniele De Salvo