Consonno, 5 dicembre 2011 - Cammina con le mani in tasca, volgendo il capo ora da un lato ora dall’altro: «Che disastro», mormora. Arbusti alti come siepi, vetri rotti, colonne spezzate e facce spaventate dipinte sui massi. «Non venivo qui da vent’anni». Luigi Pellegatta vive ad Annone, poco più in là di quel piccolo borgo a quasi 700 metri di quota ribattezzato il paese dei balocchi o la Las Vegas della Brianza, che ha contribuito a costruire con le sue mani di imbianchino. Racconta di quel Conte Mario Bagno che a Vercelli, dove nacque nel ‘900, comandava a bacchetta le mondine, e giù in Sardegna costruiva autostrade senza badare né alle spese né a madre natura.
 

Luigi ricorda bene il paese di Consonno, frazione del comune di Olginate che gli sta proprio di sotto, con una vista mozzafiato sul lago di Garlate e dritto in faccia alle creste affilate del Resegone. Brianza genuina, bella da togliere il fiato, verde di castagni e ricca di sedano e porro. Di questo vivevano le sessanta famiglie fino al 1962, quando il conte Bagno lì vi giunse e pensò: «E’ perfetto. Lo faccio diventare un parco dei divertimenti». I proprietari di quel paese agricolo mezzo montano, circondato dalle Prealpi lecchesi e a un tiro di schioppo da Lecco e da Milano, erano i commendatori Anghileri e Verga. Avevano tutto: le case, i 170 ettari di terreno e la chiesetta del 1400 col cimitero, e il Conte tutto si comprò per 22 milioni e cinquecentomila di lire.

Roberto Milani è vissuto qui 53 anni. Ha la faccia rotonda e il sorriso simpatico. Racconta com’era la Consonno di prima, quella di poi e quella di adesso che chiamano fantasma, buona per girarci film surreali o videoclip angoscianti: «Sono rimasti solo rottami. Rivorrei il borgo com’era, prima del Luna park». Consonno venne rasa al suolo con le ruspe che ancora ci vivevano gli abitanti. Giù le case; sù una strada nuova di collegamento con Olginate: dimezzata con la dinamite la collina di fronte al Resegone: «Voleva che si vedesse il panorama». L’hanno ribattezzata Monte Mario, e per godersela bisogna salire fino al Minareto. Sotto la torre arabeggiante, ci sono i resti di quella che fu una galleria di negozi. «Traboccavano di giochi – ricorda un ragazzo che ci venne con la famiglia da bambino nel ‘70 - Consonno era una favola». Il Conte costruiva e disfaceva: «Qui ci voglio il campo da tennis, là il minigolf. Qui ci metto il circuito delle automobiline e là le giraffe». Salendo dalla strada che penetra nei boschi, si incontrano ancora cartelli arrugginiti: “A Consonno è sempre festa; “Qui tutto è meraviglioso”: “A Consonno il cielo è più azzurro”.


L’impresa costruiva, ma la collina franava e il Conte dovette ridimensionare i suoi sogni di bambino ingordo: del castello progettato restano solo piloni di cemento e il cantiere si vede ancora, arrugginito e solitario a futura memoria di troppa mania di grandezza. Nei primi anni ’70 il salone delle feste era il richiamo della Brianza e del Milanese. Erano gli anni d’oro della musica italiana figlia del boom, del rock e delle canzonette di Sanremo. E così sotto le luci stroboscobiche arrivarono Celentano con Mina, i Dik Dik e Pippo Baudo. Di giorno le famigliole e di notte il ragazzo della via Gluck. Lo scempio che il Conte Bagno era riuscito a far ingoiare con l’inganno anche al comune di Olginate, aveva fatto centro: Consonno era un’onirica Rimini brianzola dal richiamo irresistibile. Finché arrivarono le prime denunce, e la ribellione della natura sventrata diede il colpo di grazia al paese dei balocchi. Nel ‘95 il Conte Mario si spense (novantenne) senza rimpianti né sensi di colpa , lasciando sul gobbo degli eredi un paese in rovina. E a finire di farlo a pezzi ci pensarono i rave party.

A Consonno oggi ci vive solo Ferruccio, nell’ex canonica salvata dalle ruspe. Selvatico come le galline che alleva, brontola per le troupe della tv o quelle del cinema e per gli studenti del Politecnico di Milano che camminano con il naso all’insù e le mappe in mano per farsi venire idee architettoniche future o studiare quelle passate.Nel 2004 consonnesi cacciati dal Conte senza un briciolo di indennizzo, hanno infine creato un’associazione, e a capo ci hanno messo Barbara Fumagalli, architetto 28enne naturalmente discendente di nativi della frazione. Due volte all’anno organizzano scampagnate e ogni domenica il parroco di Olginate sale alla chiesetta per dire Messa tutta per loro. La strada è chiusa alle auto con una sbarra e le parti pericolanti sono trasennate con la plastica. Ma i ragazzi vanno lo stesso a baciarsi sulle panchine. Nel nuovo piano regolatore ci sono le premesse per fare rinascere il paese, ma come? «Consonno così come l’ha pensata il Conte, risveglia il fancullino che è dentro di noi - scrive sul sito www.consonno.it</CF> che il giornalista locale Giovanni Zardoni ha creato per far conoscere il posto più assurdo del mondo - non toglieteci il ricordo dei favolosi anni ’60». Il diabolico Conte riderebbe di gusto.