Lecco, 10 dicembre 2010 - Condannati a 14 anni Filippo Bubbo di Galbiate e Raffaele Bubbo di Petronà, Carlo Mazzei di Calolziocorte e Federico Pettinato di Galbiate per duplice tentato omicidio. I fatti risalgono alla sera del 27 novembre 1993 quando, secondo l’accusa condotta dal pm Rosa Valotta, tentarono di uccidere Alfredo Covelli e Salvatore Carpino, in una frazione boschiva al confine tra Oggiono e Dolzago.

La denuncia sul grave episodio venne fatta da Alfredo Covelli il giorno successivo, ma l’inchiesta scattò soltanto nel 2003 con l’accusa nei confronti dei quattro imputati per duplice tentato omicidio e detenzione d’arma. Ieri alle 16,45 il giudice Ambrogio Ceron, a latere Federica Trovò e Massimiliano Nocelli, ha letto la sentenza con la condanna a 14 anni dei quattro imputati per il duplice tentato omicidio, mentre l’accusa di detenzione d’arma è caduta in prescrizione. Il sostituto procuratore Rosa Valotta, al termine della requisitoria aveva chiesto la condanna a 18 anni per tutti e quattro.

All’inizio dell’udienza di ieri il consulente ha depositato la perizia con la trascrizione delle intercettazioni telefoniche, poi è stata ricostruita in aula l’intera vicenda: Carlo Mazzei, uno dei quattro imputati difeso dall’avvocato Vinicio Nardo, attirò con una scusa in una frazione boschiva di Oggiono Alfredo Covelli e Salvatore Carpino, che si rifugiarono nella villa di proprietà di Raffaele Straniero. I due raccontarono alla famiglia Straniero di essere rimasti in panne con l’auto e poi di essere scampati a un tentato omicidio. Il tutto venne denunciato ai carabinier e le indagini vennero condotte dal maresciallo Paolo Chiandotto.

Il fascicolo venne aperto nel 2003, parallelamente al procedimento Oversize, il maxi-processo che ha visto condannati gli appartenenti al clan della ’ndrangheta lecchese. Il tentativo di uccidere Covelli e Carpino è inserire nella faida tra le cosche calabresi rivali: da una parte i Bubbo e dall’altra i Carpino. Non mancano i collegamenti tra Lecco, Oggiono e Petronà (Catanzaro) che ebbero inizio il 19 agosto 1992 con l’omicidio di Gaetano Elia. Nello stesso agguato rimase ferito Giuseppe Colosimo.

Ci fu uno strascico anche a Lecco: il 23 ottobre 1993 venne ferito in via Torre Tarelli Vittorio Tallarico, zio di Giuseppe Colosimo e Gaetano Elia. Sul duplice tentato del 27 novembre a Oggiono i legali dei quatto imputati, Stefano Pelizzari e Fabio Gatoli per Federico Pettinato di Galbiate, Vinicio Nardo per Carlo Mazzei di Calolziocorte, Francesco Laratta per Filippo Bubbo di Galbiate e Pietro Pittari per Raffaele Bubbo di Petronà, hanno respinto ogni accusa. L’avvocato Stefano Pelizzari a parlato di codice napoleonico, evidenziando anche i tempi, quasi dieci anni, tra l’episodio di Oggiono e l’avvio dell’inchiesta. «Al di là della prescrizione - ha aggiunto nell’aula al primo piano del Palazzo di Giustizia l’avvocato Stefano Pelizzari - non coincidono i tempi, le varie deposizioni sono state contradditorie e poi non c’è stato alcun agguato».

I difensori degli altri imputati, Pietro Pittari, Francesco Laratta, Vinicio Nardo e Fabio Guatoli hanno chiesto l’assoluzione perché, secondo la vecchia formnula del codice di procedura penale il fatto non sussiste e in subordine la prescrizione del reato. «È un processo fumoso - hanno detto nell’arringa gli Francesco Laratta e Pietro Pittari - che non ha alcun fondamento di verità». «Non c’è stata alcuna faida - ha concluso l’avvocato Fabio Gatoli - l’indagine ha avuto sette anni di vuoto totale e solo dopo una sentenza pronunciata a Catanzaro è stata presa in cosiderazione, ma non c’è alcun legame fra i diversi fatti». I giudici, dopo una camera di consiglio di quasi due ore, hanno pronunciato la condanna a 14 anni per i quattro imputati.