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di ANDREA MORLEO
— LECCO —
È PASSATO poco più di un mese da quel 6 agosto. Quella sera, nella sua amatissima casa ai Piani Resinelli, Riccardo Cassin salutava tutti per l’ultima volta. Dietro a sè cent’anni spesi alla grande: imprese firmate sulle pareti di tutto il mondo, una grande famiglia, un’azienda avviata (e poi ceduta) e la fama di leader meticoloso e coraggioso ma mai imprudente. «È diffcile abituarsi alla sua assenza» - spiegava proprio ieri il figlio Guido che presiede la Fondazione Riccardo Cassin, nata per contribuire alla tutela e alla valorizzazione dell’immenso patrimonio culturale e alpinistico del papà.

«È DIFFICILE pensare che non ci sia più, anche se si trattava di un uomo di cento anni che negli ultimi tempi era peggiorato - ammette Guido -. Ho passato con lui gli ultimi giorni. Mi manca quando salivo nella casa dei Resinelli e lui era lì ad aspettarmi alla sera. Mi pesa non averlo più lì, non sentire più le sue parole.
Non diceva molto ma quel “ciao Guido” bastava a farmi andare a letto contento. Insomma, mi girano un sacco le scatole: è inutile girarci intorno».

RICCARDO non c’è più e già è scattata tra le istituzioni la corsa a come ricordarlo. Un compito non semplice perché il personaggio in questione è un cittadino speciale e le cose vanno fatte pere bene. L’Amministrazione provinciale gli ha da pochissimo dedicato il palazzo di corso Matteotti, che di fatto è la sede operativa che ospita tutti gli assessorati mentre villa Locatelli (dove c’è solo l’ufficio del presidente) ha assunto il ruolo di sede di rappresentanza. «Settimana scorsa mi aveva chiamato direttamente il presidente Daniele Nava - ricorda Guido Cassin -. Quel giorno si trovava in Abruzzo per visitare i cantieri lecchesi per la ricostruzione delle zone terremotate. Mi ha chiesto se mi sarebbe piaciuto intitolare il palazzo a Riccardo. Io ho risposto di sì». Detto, fatto. Discorso diverso per il Comune, che ancora non ha deciso cosa fare. Si dice che il sindaco Antonella Faggi si stia consultando con i suoi più stretti collaboratori per dedicare una vita o una piazza al famoso concittadino.

LA STESSA IDEA l’hanno avuta la quarantina di residenti di via privata alle Quaglie, ai Piani Resinelli. In quella stessa via, al civico 5, c’è casa Cassin. I residenti - la quasi totalità sono lecchesi proprietari di seconde case - hanno costituito un Comitato che si è rivolto al Comune di Mandello del Lario per cambiare il nome alla strada e dedicarla al grande alpinista scomparso. «È una cosa che mi fa indubbiamente piacere - spiega il figlio Guido -.
Eppure io su queste cose sono pragmatico come papà: se fanno qualcosa per ricordarlo, mi fa piacere; altrimenti non faccio alcun dramma e men che meno polemiche». Così Guido se ne guarda bene dall’entrare nella diatriba che si è aperta su come ricordarlo.

A PEGGIORARE le cose si è aggiunta la decisione della Comunità Montana che ha scelto di intitolare il piazzale ai Piani Resinelli a Daniele Chiappa, anche lui alpinista ma soprattutto storico membro del soccorso alpino. Il mondo della montagna a Lecco è diviso da «correnti» e invidie, nemmeno fosse un partito. Tutti si guardano bene dal dire apertamente come la pensano, eppure sotto traccia i malumori da questa o quella fazione si fanno sentire. Così anche i tentennamenti del Comune di Lecco non contribuiscono a rasserenare l’ambiente. «Non ho di queste velleità - spiega Guido Cassin -. Anche perché abbiamo ricordato papà alla grande in occasione dei festeggiamenti per i suoi cento anni, a cui hanno dato contributo molti enti istituzionali.
A cominciare dalla striscia fotografica in via Cavour, che era stata molto apprezzata; ma anche con quel momumento davanti al municipio che è ancora lì dopo nove mesi». Eppure il figlio del grande Riccardo un’idea ce l’ha. «A me piacerebbe che il nome di Lecco fosse legato al premio che ogni anno la Fondazione Cassin mette in palio - spiega -.
Ogni novembre si assegna una borsa di studio al miglior alpinista e alla miglior rappresentazione (libro, iniziativa culturale) inerente alla montagna.
Per me sarebbe il modo migliore per ricordarlo». Intanto c’è anche chi spinge affinché il costituendo Museo della montagna porti il nome del grande Riccardo.
La sensazione è che lui, lassù, stia osservando tutto con quello sguardo pieno di ironia.