2009-08-05
di ANDREA MORLEO
LECCO
LAVORANO quando il resto del mondo dorme. È forse per questo che il mestiere non attira più i giovani. Colpa soprattutto degli orari (notturni, sei giorni su sette) che sono rimasti pressoché invariati nonostante il progredire delle tecnologie. Così uno dei mestieri più vecchi del mondo, il panettiere, finisce col perdere fascino e attrattiva tra le giovani generazioni. Tanto che tra i dipendenti della novantina di laboratori sparsi in provincia di Lecco non è difficile trovare extracomunitari. Che impastare farina di notte sia un mestiere difficile e di grandi sacrifici non lo nega neppure Masssimiliano Valsecchi, 40 anni di Mandello, presidente dellassociazione provinciale di categoria.
«PER ME È STATO quasi naturale da ragazzino continuare lattività intrapresa ormai da quarantanni da mio papà - spiega -. Allinizio è stata una scelta automatica ma forse non del tutto accettata. Non è certo stato facile e devo ammette che cè voluto del tempo perché subentrasse la passione». Valsecchi non nasconde i grandi sacrifici per una professione che impone orari assolutamente antitetici rispetto alla maggioranza degli altri mestieri. «La tua vita - ammette il presidente dei panettieri - è comunque condizionata dagli orari, che sono diversi da quelli che fanno il resto dei tuoi amici. Per questo quando si è giovani, spesso è avvertito come un peso».
«A DIR LA VERITÀ - continua - io non mi sono ancora abituato dopo tutti questi anni, tanto che è mio papà che fa prevalentemente le ore notturne mentre io sto in negozio durante il giorno». Già perché nella stragrande maggioranza dei casi il panettiere non è più colui che produce solo il pane: lattività (molto spesso a conduzione famigliare) prevede anche un alimentari annesso dove si vendono anche altri prodotti. I panettieri sono un po come i pipistrelli: la notte resta il loro regno e quando gli altri dormono, loro sono in laboratorio tra farine e lieviti. «La giornata tipica inizia alle due del mattino, grazie anche alle tecniche di refrigerazione degli impasti - dice Valsecchi -. Una volta si iniziava anche prima».
ALLE DUE DEL MATTINO si comincia a lavorare la pasta già lievitata, che in gergo si chiama biga. «Poi si fa limpasto, che deve essere lasciato riposare un paio dore - prosegue il presidente -. Quindi viene il momento di infilare il pane lievitato nel forno per la cottura». Quando le michette escono dal forno, fuori già albeggia e arrivano i corrieri che consegnano il pane a tutti gli esercizi commerciali del territorio. A quel punto il panettiere può tirare il fiato, se non gli tocca stare in negozio per vendere il pane che lui stesso ha prodotto.
«DORMIAMO nel pomeriggio per poi ricominciare di nuovo la notte successiva». Tutto questo sembra non piacere ai giovani di oggi, attirati dai «miti» facili propinati dalla tv. «È cambiato il modo con cui i giovani come si approcciano a questo mestiere - ammette Valsecchi -. Una volta ad esempio mi capitava che arrivassero ragazzi, specie nel periodo estivo, a chiedere di lavorare per arrotondare. Da qualche anno questo non accade, forse perché hanno più soldi in tasca». Valsecchi e i colleghi sono preoccupati dalla situazione e in previsione del futuro.
«COME ASSOCIAZIONE stiamo collaborando con le scuole alberghiere - spiega - per attivare dei corsi di panificazione. Vogliamo cercare di far capire ai giovani che questo mestiere resiste sempre alla crisi». Già perché, che sia una michetta o un ricercatissimo sfilatino farcito di olive, il pane sulla tavola non manca mai.
di ANDREA MORLEO
LECCO
LAVORANO quando il resto del mondo dorme. È forse per questo che il mestiere non attira più i giovani. Colpa soprattutto degli orari (notturni, sei giorni su sette) che sono rimasti pressoché invariati nonostante il progredire delle tecnologie. Così uno dei mestieri più vecchi del mondo, il panettiere, finisce col perdere fascino e attrattiva tra le giovani generazioni. Tanto che tra i dipendenti della novantina di laboratori sparsi in provincia di Lecco non è difficile trovare extracomunitari. Che impastare farina di notte sia un mestiere difficile e di grandi sacrifici non lo nega neppure Masssimiliano Valsecchi, 40 anni di Mandello, presidente dellassociazione provinciale di categoria.
«PER ME È STATO quasi naturale da ragazzino continuare lattività intrapresa ormai da quarantanni da mio papà - spiega -. Allinizio è stata una scelta automatica ma forse non del tutto accettata. Non è certo stato facile e devo ammette che cè voluto del tempo perché subentrasse la passione». Valsecchi non nasconde i grandi sacrifici per una professione che impone orari assolutamente antitetici rispetto alla maggioranza degli altri mestieri. «La tua vita - ammette il presidente dei panettieri - è comunque condizionata dagli orari, che sono diversi da quelli che fanno il resto dei tuoi amici. Per questo quando si è giovani, spesso è avvertito come un peso».
«A DIR LA VERITÀ - continua - io non mi sono ancora abituato dopo tutti questi anni, tanto che è mio papà che fa prevalentemente le ore notturne mentre io sto in negozio durante il giorno». Già perché nella stragrande maggioranza dei casi il panettiere non è più colui che produce solo il pane: lattività (molto spesso a conduzione famigliare) prevede anche un alimentari annesso dove si vendono anche altri prodotti. I panettieri sono un po come i pipistrelli: la notte resta il loro regno e quando gli altri dormono, loro sono in laboratorio tra farine e lieviti. «La giornata tipica inizia alle due del mattino, grazie anche alle tecniche di refrigerazione degli impasti - dice Valsecchi -. Una volta si iniziava anche prima».
ALLE DUE DEL MATTINO si comincia a lavorare la pasta già lievitata, che in gergo si chiama biga. «Poi si fa limpasto, che deve essere lasciato riposare un paio dore - prosegue il presidente -. Quindi viene il momento di infilare il pane lievitato nel forno per la cottura». Quando le michette escono dal forno, fuori già albeggia e arrivano i corrieri che consegnano il pane a tutti gli esercizi commerciali del territorio. A quel punto il panettiere può tirare il fiato, se non gli tocca stare in negozio per vendere il pane che lui stesso ha prodotto.
«DORMIAMO nel pomeriggio per poi ricominciare di nuovo la notte successiva». Tutto questo sembra non piacere ai giovani di oggi, attirati dai «miti» facili propinati dalla tv. «È cambiato il modo con cui i giovani come si approcciano a questo mestiere - ammette Valsecchi -. Una volta ad esempio mi capitava che arrivassero ragazzi, specie nel periodo estivo, a chiedere di lavorare per arrotondare. Da qualche anno questo non accade, forse perché hanno più soldi in tasca». Valsecchi e i colleghi sono preoccupati dalla situazione e in previsione del futuro.
«COME ASSOCIAZIONE stiamo collaborando con le scuole alberghiere - spiega - per attivare dei corsi di panificazione. Vogliamo cercare di far capire ai giovani che questo mestiere resiste sempre alla crisi». Già perché, che sia una michetta o un ricercatissimo sfilatino farcito di olive, il pane sulla tavola non manca mai.
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