Fotoreporter pavese ucciso nel Donbass, imputato: "Sparavamo solo se attaccati"

In aula Vitaly Markiv ha risposto alle domande del pubblico ministero e degli avvocati di parte civile e della difesa

Andrea Andy Rocchelli è stato ucciso da colpi di mortaio

Andrea Andy Rocchelli è stato ucciso da colpi di mortaio

Pavia, 15 marzo 2019 - Nuova udienza del processo per l'omicidio di Andy Rocchelli, il fotoreporter pavese di 30 anni ucciso il 24 maggio 2014 in Ucraina nella regione del Donbass, mentre stava effettuando un reportage sulla popolazione locale nella guerra tra esercito ucraino e separatisti filorussi. In aula Vitaly Markiv che ha spiegato: "Il mio compito era quello di sorvegliare la zona di nostra competenza e rispondere al fuoco solo se attaccati".

Parlando in un perfetto italiano e mostrandosi sempre molto sicuro di sé, Markiv ha risposto alle domande del pubblico ministero e degli avvocati di parte civile e della difesa: "Sono un sergente maggiore della guardia nazionale ucraina - ha spiegato -: è un corpo alle dirette dipendenze dell'esercito dell'Ucraina. Se notavo dei movimenti sospetti nella zona che ero chiamato a controllare, essendo un sottoufficiale dovevo subito riferirlo al mio comandante che poi, a sua volta, aveva il compito di comunicarlo ai vertici dell'esercito. Nella collina in cui trovava la mia postazione, la guardia nazionale poteva contare su 40-45 uomini. Le armi in nostra dotazione erano fucili e carabine, oltre a due mitragliatrici. Io avevo un fucile con un mirino senza capacità di zoom".

Markiv ha quindi escluso che lui e i suoi compagni potessero utilizzare mortai, l'arma con la quale sono stati uccisi sia Andy Rocchelli che il giornalista russo Andrei Mironov (mentre il fotografo francese William Roguelon, ferito alle gambe, era riuscito a salvarsi). "Dalla mia postazione, in trincea, avevo un campo visivo limitato", ha sostenuto ancora Markiv. "Ho saputo che erano stati uccisi due giornalisti, parlando nei giorni successivi con altri reporter italiani che conoscevo". Markiv ha negato di aver fatto alcune dichiarazioni che gli sono state attribuite proprio dai giornalisti italiani di sua conoscenza (secondo le testimonianze rese dagli stessi cronisti in una precedente udienza del processo): "Non ho mai detto che 'sparavamo su tutto quello che si muoveva a due chilometri di distanza dalle nostre postazioni', e smentisco anche di avere affermato che 'abbiamo ucciso un italiano'. Quando poi parlavo dei 'miei soldatì, non mi riferivo certo ad una mia particolare posizione di responsabilità visto che dipendevamo totalmente dall'esercito".