Strage scuola in Texas. Cosa c'è dietro il killer

La psicologa e criminologa Valentina Marsella traccia il profilo del diciottenne che armato di fucile e pistola semiautomatica ha ucciso 21 persone di cui 19 bambini

La psicologa Valentina Marsella e il luogo del massacro

La psicologa Valentina Marsella e il luogo del massacro

Un'altra strage di innocenti negli Stati Uniti. Un altro giovane americano, Salvador Ramos, che, armato sino ai denti, fa irruzione in una scuola e uccide 21 persone tra cui almeno 19 bambini della Robb Elementary School di Uvalde, una piccola comunità in Texas a circa un'ora dal confine con il Messico. Valentina Marsella, psicologa, psicoterapeuta ed esperta in criminologia, ci aiuta a capire qualcosa di più sull'ennesima mattanza che in un'America sotto shock riaccende la polemica sull'estrema facilità di reperire armi e sulle lobby che impediscono le limitazioni chieste ora a gran voce anche dal presidente Joe Biden e da tanti protagonisti dello sport a stelle e strisce.

Dottoressa Marsella, ci sono tratti comuni nel profilo di questi mass muderer? "Ancora una volta si tratta di un adolescente con qualche carenza relazione, proprio come avvenne nel 1999 alla Columbine High School in Colorado. Allora furono due studenti ma alcuni tratti sono comuni: si tratta di adolescenti problematici, che hanno bisogno di dare sfogo a una rabbia repressa".

Ci spiega meglio? "Su questo nuovo episodio si conosce ancora poco del killer ma sembra che non avesse più il padre, che avesse lasciato la casa della mamma e si fosse trasferito dalla nonna. Dopo il massacro della Columbine High School, si scoprì che i due assassini erano due adolescenti bullizzati dai coetanei che si rifugiavano nei videogame "sparatutto" che per loro erano diventati una realtà parallela, una realtà che poi ha finito col sostituire quella vera". 

Quindi alla base c'è sempre un disagio non espresso? "Direi che soprattutto ci sono carenze relazionali, c'è una spasmodica necessità di uscire dall'anonimato, di essere visti e notati. C'è bisogno di relazioni stabili e invece la nostra società, come diceva Bauman, è improntata sulla velocità e la superficialità delle relazioni che spiazzano i giovani che sono alla ricerca di una propria identità".

Ci sta dicendo che i giovani di oggi sono diversi dai loro coetanei di 20-30 anni fa? "Certamente. La mia esperienza quotidiana mi dice che un ventenne di oggi è molto meno maturo di un suo coetaneo di venti-trenta anni fa: c'è molta più discrasia tra l'età biologica e quella reale e di certo noi adulti non stiamo acuendo questo processo di progressivo allontanamento".

In che senso? "Nel senso che siamo noi adulti i primi a trasmettere questa instabilità ai nostri figli. Quando noi eravamo adolescenti, i nostri genitori e nonni avevano molto più tempo da dedicarci. Oggi le figure deputate alla crescita di un giovane sono prese esse stesse da questa frenetifca corsa, sembra che ognuno di noi non abbia più nè voglia nè tempo per capire le nostre emozioni e quelle dei nostri figli". 

Immagino che i social abbiano acuito il problema... "Tutto è diventato apparenza e rapprsentazione della realtà e se non hai ancora solide basi per capirlo, tutto questo può generare dei cortocircuiti. Un po' come è accaduto in quest'ennesima strage, dove questo diciottenne acquista armi nel giorno del suo compleanno e poi compie il massacro per dire: "Vi ammazzo e quindi esisto". La prova è che il diciottenne della strage in Texas ha voluto subito comunicare attraverso Instagram la sua intenzione di compiere un massacro". 

Perché massacri del genere non accadono da noi in Italia? "E' un fattore culturale. Principalmente perché negli Stati Uniti è estremanente facile venire in possesso di un'arma: alcune limitazioni sarebbero d'aiuto. Da noi abbiamo altre forme di manifestazione del disagio e parlo di anoressia e depressioni che tra i giovani sono in grande aumnento"