Myanmar, i militari stoppano gli Usa: "Niente incontri con Aung San Suu Kyi"

Ad una settimana dal golpe non si fermano le manifestazioni: terzo giorno di proteste

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Ancora proteste in Myanmar a una settimana dal golpe e dall'arresto di Aung San Suu Kyi. Dopo le manifestazioni del fine settimana, per il terzo giorno consecutivo si registrano contestazioni dopo un appello allo sciopero generale.  Le manifestazioni hanno iniziato a prendere forza sabato a Yangon per poi dilagare ieri in altre città, come ha riportato il portale di notizie The Irrawaddy.

A Yangon le proteste si sono concentrate nei pressi dell'università. "Liberate Suu Kyi e il presidente Win Myint" e "Abbasso alla dittatura militare", sono stati gli slogan portati in piazza. Stamani, riferisce The Irrawaddy, gli abitanti di Yangon hanno iniziato la giornata battendo pentole e coperchi da balconi e finestre, mentre a Mandalay sono scese in piazza "decine di migliaia" di persone, monaci compresi.

A Hap-An (Pa-An), nello stato Karen, in "migliaia" si sono uniti allo sciopero generale e i manifestanti hanno iniziato alle 8 ora locale a marciare verso gli uffici governativi. Notizie di proteste arrivano anche da Paung, nello stato Mon.

Le forze dell'ordine hanno intanto usato cannoni ad acqua contro i manifestanti che protestavano oggi nella capitale birmana Naypyidaw contro il colpo di Stato miliare. Almeno due persone sono rimaste ferite, riportano testimoni.

Intanto si fanno sentire gli Stati Uniti, che hanno espresso solidarietà con il popolo birmano dopo l'imposizione della legge marziale decretata dalla giunta militare al potere dopo il colpo di Stato della settimana scorsa. "Stiamo con il popolo birmano e sosteniamo i loro diritti di riunirsi pacificamente, comprese le proteste pacifiche a sostegno del governo democraticamente eletto", ha affermato il portavoce del dipartimento di Stato, Ned Price. "Siamo molto preoccupati", ha aggiunto, precisando che i vertici militari hanno respinto le richieste di Washington di incontrare la leader birmana Aung San Suu Kyi, arrestata lunedì scorso insieme ad altri membri della Lega nazionale per la democrazia.