Pd, la guerra del Nazareno. Bonaccini c'è, incognita Nardella

Entro qualche settimana i giochi per la guida del partito entreranno nel vivo. Il presidente emiliano in pole. Anche i sindaci di Firenze e di Pesaro pensano a correre. La candidata della sinistra è Elly Schlein

Stefano Bonaccini e Dario Nardella

Stefano Bonaccini e Dario Nardella

I candidati, già ai nastri di partenza, per la 'guerra di successione' a Letta, dimissionario, sono tre. Altri potrebbero, presto, aggiungersi alla bisogna. Il primo è governatore dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, nuovo nel look e pure nelle alleanze. Spazia dai sindaci (da Gori a Decaro e Gnassi) alla corrente degli ex renziani, Base riformista. Bonaccini ha già stabilito una rete di referenti, per ora solo regionali, ma presto pure provinciali e comunali, nei famigerati «territori». Quelli dove, dall’Alpe alla Sicilia, il Pd non becca più neppure un voto. Manca solo l’annuncio ufficiale, ma arriverà, e pure presto. «Stefano si è portato troppo avanti e, stavolta, non si tira indietro, non fa sor Tentenna» – spiegano, impettiti, i suoi fedelissimi.

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Si vedrà. Certo è che, a campagna elettorale ancora in atto, Bonaccini ha tenuto, a Rimini, un’iniziativa priva di simboli di partito, solo con un grande tricolore e un grande cuore (rosso). L’idea è di impostare la campagna elettorale congressuale stile campagna da premier (del futuro prossimo), non solo da segretario di una parte politica. I “poteri forti“ (Confindustria, sindacati, coop) si stanno già posizionando, quasi tutti, su di lui. L’idea è anche di un ticket con una donna. Voci insistenti parlano di Simona Bonafè: toscana, segretaria del Pd, colta quanto amata, neo-eletta deputata, in procinto di traslocare da Bruxelles.

Poi c’è il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, nonché presidente di Ali (Autonomie per l’Italia, che è una sorta di Anci coté progressista, braccio destro Valerio Lucciarini), il quale ha – a sua volta – ha deciso di scendere in campo, e ieri, a “cadavere politico“ (di Letta) ancora “caldo“, sul ring. Farà una campagna elettorale (ma da segretario del Pd) con tanto di tour di “prossimità“ in tutta l’Italia. Per far conoscere meglio lui e il suo programma. Slogan e claim della campagna «Sinistra veloce», titolo dell’evento, il «Festival delle città», che Ali tiene, ogni anno, a Roma, agli inizi di ottobre. A ora, almeno lui, però, non prevede alcun ticket. 

La terza è il nome che molti, se non tutti, temono che scenda, per davvero, in campo. Si tratta di Elly Schlein. A sua volta neo-eletta, alla Camera, super-acclamata al comizio di chiusura di Letta, grazie al suo "frontale" contro Giorgia Meloni («sono una donna, sono lesbica, non sono mamma»), già quasi ex vicepresidente proprio di Bonaccini, cittadinanza metà svizzera e metà americana, la Schlein sarebbe non solo la candidata che «piace alla gente che piace», fuori e dentro il Pd, dato che è molto esposta sui diritti civili e pure sociali, ma anche quella su cui punterebbero, all’unisono, sia lo stesso Letta, che resterà in carica come segretario «con pieni poteri» fino al congresso – e, dunque, fino alla proclamazione del neo-leader – sia Romano Prodi e tutta la sinistra.

La quale sinistra (che voleva, all’origine, lanciare la candidatura del giovane, neo-eletto, vice-Letta, Giuseppe Provenzano, allievo di Macaluso), sta capendo che solo Elly può fermare la corsa, altrimenti destinata al successo, di Bonaccini. Il quale, a sinistra, viene vissuto come un cavallo di Troia del nemico pubblico n. 1, e cioè Renzi. La Schlein potrebbe scegliersi un vice, in ticket, all’incontrario (donna/uomo) nell’eurodeputato, altro frontman lato diritti, Pierfrancesco Majorino (che viene dai movimenti studenteschi e dalla Cgil). Ricci, in tal caso, farebbe da terzo incomodo. Al quale non è escluso si aggiungano altri pretendenti. In molti osservano le mosse del sindaco di Firenze Dario Nardella che sta cercando di immaginare un proprio futuro nel partito (scade da sindaco nel 2024). Nardella ha fatto intendere a chi gli è vicino di voler correre da segretario, e anche ieri ha spiegato che «ora nel Pd crescerà attenzione su Firenze, con la città vuol dare un apporto vero al processo di ricambio». La “guerra dei Roses“, nel Pd, è insomma solo iniziata.