ARNALDO LIGUORI
Editoriale e Commento
Editoriale

La violenta gioventù

Un italiano di 18 anni accoltella e uccide un giovane per rubargli un paio di cuffie da 15 euro. Un altro, di 25 anni, accoltella un uomo perché vuole usare per primo la pompa di benzina a un distributore. Dieci ragazzi minorenni orgogliosamente neofascisti si ritrovano indagati perché legati a un gruppo sospettato di aggressioni nei confronti di stranieri.

Tre notizie di cronaca milanese, pubblicate a pochi giorni di distanza, mostrano la crescente facilità con cui i giovani ricorrono alla violenza. Il fenomeno è documentato: rispetto al periodo pre-pandemico il numero di minori denunciati o arrestati è aumentato del 14 per cento. Le rapine sono impennate. Gli omicidi commessi da minorenni sono passati dai 17 del 2019 ai 23 del 2022.

Cinquant’anni fa, parlando della mutazione antropologica realizzata dal consumismo e dalla televisione, Pasolini descriveva l’inizio di un’era “in cui dei giovani insieme presuntuosi e frustrati a causa della stupidità e insieme dell’irraggiungibilità dei modelli proposti loro […], tendono inarrestabilmente ad essere o aggressivi fino alla delinquenza o passivi fino alla infelicità (che non è una colpa minore)”.

Consumismo. Passività. Frustrazione. Modelli irraggiungibili. Parole familiari. Se aggiungiamo che i social media sono un mezzo assai più pervasivo di quanto la televisione sia mai stata, la diagnosi di Pasolini, benché giunga da un’altra epoca, inizia ad avere un sapore terribilmente contemporaneo.