Ritorno in classe, il caro prezzo dei tanti ritardi

La riapertura delle classi alle lezioni in presenza, promessa dal ministro Azzolina, è un banco di prova per la credibilità dell’intero esecutivo

Milano, 30 agosto 2020 - Dietro gli attacchi al governo sul tema della scuola non ci sono le solite polemiche politiche preconcette. La riapertura delle classi alle lezioni in presenza, promessa da tempo dal ministro Azzolina, è un banco di prova per la credibilità dell’intero esecutivo. L’incertezza circa l’uso delle mascherine da parte degli studenti è solo uno degli aspetti controversi della ripartenza dell’anno scolastico in sicurezza. Gli altri nodi da sciogliere si legano soprattutto al tema del distanziamento. A cominciare da quello sui mezzi pubblici. Il ministro sembra alquanto isolato, considerato che anche i sindacati esprimono forti perplessità sulle regole da far rispettare e sulla gestione degli eventuali contagi.

I vari confronti fra governo e Regioni sulle precauzioni da adottare per scongiurare il rischio di nuovi focolai nelle aule scolastiche non hanno prodotto una linea univoca. I distinguo dei vari governatori superano di gran lunga i punti di condivisione. Ad asempio, alcuni presidenti di Regione chiedono di posticipare la riapertura delle scuole a dopo le elezioni amministrative e referendarie. Normali e del tutto legittime le forti aspettative dell’opinione pubblica e di milioni di famiglie sulla scadenza del 14 settembre, quando torneranno dietro i banchi di scuola milioni di studenti. Questo anche considerato che l’Italia è stato ed è uno dei pochissimi Paesi europei a tenere chiusi gli istituti scolastici da marzo in poi. Dopo la polemica sulle discoteche, se anche sulla scuola il governo dovesse tradire le attese degli italiani il malcontento crescerebbe. Anche perché il sistema scolastico non è solo composto da bimbi e adolescenti, ma da genitori, insegnanti e persone che hanno la necessità di programmare per tempo la propria vita lavorativa da settembre in poi. Le soluzioni ai problemi che ora il governo paventa andavano cercate per tempo. Magari da giugno. Questioni come la misurazione della temperatura agli alunni o la gestione di classi con studenti positivi al Covid andavano disciplinate con largo anticipo, dando certezze alle famiglie e al personale docente. Invece si sta ancora qui a discutere se una classe debba chiudere oppure no in presenza di un tampone positivo.

Sullo sfondo, l’annoso problema delle risorse. Reso paradossale, stavolta, dalla scelta di non ricorrere al Mes. Quelle somme sarebbero arrivate subito e oggi avrebbero potuto rivelarsi utili anche per potenziare l’assistenza sanitaria nelle scuole. I due principali alleati di governo sono divisi anche sugli aiuti europei. E per evitare di mettere a rischio la stabilità politica hanno deciso di non decidere. Ma almeno sulla scuola è vietato galleggiare.