GIANLUCA BOSIA
Editoriale e Commento

Ne uccide più la lingua che la spada

Il caso dell’Osteria del Cavolo “linciata” dal tribunale dei social per una innocente omonimia

Ne uccide più la lingua che la spada. Ovvero sarebbe doveroso valutare sempre le conseguenze, anche non volute, di quanto si dice e soprattutto di quanto si scrive sui social. Un esempio? Quanto accaduto a Monza dopo un post della influencer Selvaggia Lucarelli su un ristorante ligure che ha fatto pagare a un cliente 2 euro per un piattino vuoto per dividere una porzione di trofie al pesto. Sembra la storia del mezzo toast di Gera Lario e di questa folle estate con i turisti non spelati dal sole ma dai prezzi folli. Questa volta, però, a pagare, oltre al malcapitato cliente in Liguria è soprattutto un ristorante di Monza colpevole solo di omonimia: Osteria del Cavolo.

Il locale lombardo è stato seppellito sotto una montagna di contumelie e persino insulti. Eppure lo scontrino unito al post diceva chiaro: “Osteria del Cavolo Finale Ligure”. Qualunque tribunale sancirebbe l’innocenza della Osteria del Cavolo di Monza tranne quello dei social che oltre a non conoscere legge è pure cieco.

Un attacco così brutale da parte dei soliti disinformati leoni da tastiere tanto che il povero oste lombardo è dovuto ricorre anche lui ai social per specificare: “Il ristorante a cui si riferisce l’accusa di errato addebito per divisione del piatto si trova a Finale Ligure. Oltretutto noi siamo chiusi per ferie!”.

Ora, direte voi, questa è una storia del cavolo ma andate a spiegarlo a chi è stato massacrato con un danno di immagine e forse economico consistente.

Ecco perché ne uccide più la lingua che la spada.