Le sfide di oggi e gli equilibri che verranno

Milano - Tutti i candidati di questa tornata elettorale lo sanno. E sono ben consapevoli che è l’astensionismo, più che il rivale di turno, da dover temere oggi. Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico e autorevole esponente della Lega, bene ha saputo riassumere il concetto giorni fa a Varese: «Il vero sondaggio è capire, in questo periodo anche un po’ confuso, dopo tutto quello che è successo, quanto la gente partecipa e parteciperà all’appuntamento elettorale». Questa è, in effetti, la grande scommessa dell’appuntamento elettorale di oggi e domani. Specie in Lombardia, la regione con il più alto numero di rinnovi amministrativi (237 i Comuni coinvolti) e 2.268.617 elettori chiamati alle urne.

A Milano una delle sfide più importanti a livello nazionale per provare a decifrare i nuovi equilibri della politica e il sentire degli elettori all’indomani di una fase inedita e difficile come quella della pandemia e di una crisi d’identità che agita dall’interno molti dei principali partiti. Non a caso nella corsa per Palazzo Marino si è assistito a una campagna elettorale sottotono rispetto al passato, con i temi sul futuro di Milano rimasti molto sullo sfondo e con nessuna questione capace di infiammare il dibattito. Il sindaco uscente, Giuseppe Sala, candidato del centrosinistra ma non di tutta l’area di sinistra, vedrà se le previsione dei sondaggi troveranno conferma nelle scelte degli elettori o se dovrà vedersela con un recupero del suo principale sfidante, il pediatra Luca Bernardo, candidato del centrodestra, e affrontare quindi la prova del ballottaggio.

Molto dipenderà dalla percentuale di milanesi - circa un milione gli elettori - che oggi e domani deciderà di votare. Già nel 2016, al primo turno, il tetto dell’affluenza si era fermato al 54,6 per cento. Interessante, all’interno della coalizione che sostiene Bernardo, anche la sfida fra Lega e Fratelli d’Italia, entrambi dati in crescita e, fino all’altro giorno, rispettivamente quotati al 15 e al 13 per cento. A prescindere da chi vincerà le principali sfide (Milano, Roma e Torino in primis), queste amministrative apriranno una fase che arriverà fino alle politiche del 2023. E che entro quella data vedrà mutare molti equilibri interni ai partiti. L’attuale situazione che vede un centrosinistra incapace di proporre un progetto-Paese e un centrodestra diviso dovrà evolversi con una marcia a tappe forzate. Tanto che all’appuntamento elettorale del 2023 entrambe le due coalizioni finiranno per arrivare diverse rispetto a oggi. Lo stesso premier Mario Draghi, chiamato a Palazzo Chigi per gestire l’uscita dal Covid e il piano di ripresa, potrebbe trovarsi in realtà ad arare un terreno politico capace di esprimere un soggetto in grado di governare e di dialogare con l’Europa.