Le imprese in piazza

La mobilitazione per la Tav sarà l’occasione per rilanciare in senso lato l’esigenza di fare investimenti strutturali di medio-lungo termine sulle opere pubbliche.

Mialno, 2 dicembre 2018 - Non mettono in discussione lo sforamento del rapporto deficit-Pil e neppure il fatto che costituisca un dogma intangibile dell’Unione Europea. Ma fanno notare che se l’azzardo fosse stato destinato a investimenti strutturali piuttosto che a spese di cassa, la stessa Commissione Europea non avrebbe avuto motivi di contestazione e la frizione diplomatica avviata con Bruxelles, con i mercati finanziari e con le agenzie di rating, non sarebbe nata. Le associazioni di impresa che domani si incontrano a Torino per perorare la realizzazione della Tav, collegamento ferroviario merci veloce e sicuro tra il nostro Paese e la Francia, facente parte di una rete di collegamenti che altrimenti ci escluderebbe dal contesto dei trasporti di beni europeo, sono convinte che l’Italia non possa e non debba rinunciare a completare l’opera già avviata e finanziata. Confindustria e Confcommercio, Unione Artigiani e Cna, Confcooperative e Confagricoltura, Confapi e Ance, metteranno assieme più di 1.500 imprenditori per sostenere a gran voce l’esecuzione dei lavori per l’alta velocità Torino-Lione

Non solo: la mobilitazione per la Tav sarà l’occasione per rilanciare in senso lato l’esigenza di fare investimenti strutturali di medio-lungo termine sulle opere pubbliche. La contestazione che viene mossa al governo e alla sua impostazione della manovra di bilancio è chiara: piuttosto che percorrere la via degli investimenti strutturali si è scelto di proseguire su quella battuta da decenni da tutti i governi che si sono succeduti, optando pervicacemente per spese di cassa improduttive. Non a caso, gli 80 euro in busta paga voluti dell’esecutivo Renzi, contestatissimi da pentastellati e leghisti, sono stati puntualmente confermati.

Il reddito di cittadinanza, a parere unanime delle imprese, costituirà un esborso crescente per le finanze statali, non garantirà affatto l’aumento dell’occupazione, anzi potrebbe favorire l’espansione della piaga assistenzialista e, in parallelo, di quella del lavoro nero. Meglio sarebbe stato responsabilizzare e sostenere direttamente le aziende con misure di incentivo ad assunzioni e stabilizzazioni. Il caso del ponte Morandi di Genova è eloquente. Il viadotto crollato era un tratto senza alternative per il transito autostradale, tanto che la tragedia di agosto, oltre sulle 43 vittime e sulle loro famiglie, sta pesando enormemente sull’economia genovese, ligure, italiana. Il parallelo con la Tav viene naturale. Oggi il collegamento ferroviario per le merci tra Italia e Francia è garantito dal traforo del Frejus, aperto al traffico nel 1871, e giudicato ormai obsoleto e pericoloso. Una alternativa valida non c’è; da qui l’idea di realizzare un nuovo collegamento. Ultimare l’opera - finanziata al 50 per cento dall’Ue, per il 25 dalla Francia e per il 25 dall’Italia - costerebbe la metà di quanto invece dovremmo pagare per non farla. Superare posizioni meramente ideologiche guardando alle reali necessità del Paese è un imperativo che non possiamo più permetterci di sottovalutare. sandro.neri@ilgiorno.net