Quel dovere di tornare alla normalità

La fatidica data è arrivata. L’Italia riapre tutta insieme

Milano, 17 maggio 2020 - La fatidica data è arrivata. L’Italia riapre tutta insieme. Anche regioni come la Lombardia, decisamente più colpite dalle altre, da domani provano a tornare alla normalità. O meglio a una quotidianità fatta di prescrizioni a tutela della salute, di obblighi come quelli di indossare la mascherina e di rispettare almeno un metro di distanza dagli altri e di grandi punti interrogativi. Tra questi, uno è senz’altro il più decisivo. E riguarda la ripresa economica delle attività produttive dei settori del commercio al dettaglio e della ristorazione. Gli ambiti, cioè, obbligati a un regime particolarmente restrittivo per gestori e clienti. Le categorie sono in fermento. Lo dimostrano le proteste organizzate ieri a Milano.

Ristoratori, commercianti, artigiani, tassisti e partite Iva si sono ritrovati in piazza per protestare contro i ritardi nell’erogazione della liquidità necessaria per portare avanti le proprie attività professionali. Le loro critiche riguardano anche la rigidità delle norme di distanziamento che, se non modificate, rischiano di ridurre drasticamente la clientela e quindi il volume d’affari. Ai timori per il rischio contagio si sommano le diffuse preoccupazioni delle imprese e del mondo del lavoro. Il governo ha deciso di consentire gli spostamenti fra regioni solo a partire dal 3 giugno. E questo penalizza realtà come la Lombardia, particolarmente interessate alla mobilità sul piano produttivo e commerciale. Gli aeroporti lombardi registrano l’85 per cento di traffico in meno; domani riapre Orio al Serio, ma con pochissimi voli. Facile prevedere che fino a giugno ben difficilmente la Lombardia ripartirà a pieno regime. Intendiamoci: giusto far rispettare le precauzioni necessarie per proteggere la nostra salute.

Ma bisogna imparare a convivere con un virus che rischia di rimanere ancora a lungo in circolazione e avere il coraggio di ripartire. Che significa, innanzitutto, mettere in condizione di lavorare chiunque riapra un’attività. La crisi economica non è uno spettro agitato dai detrattori della politica. È una realtà già palpabile e che rischia di produrre effetti devastanti sulla nostra società. Ogni giorno di ritardo nell’arrivo dei finanziamenti annunciati dal governo rende più incerte le sorti di migliaia di imprese e quelle dei loro dipendenti. La ripresa deve essere agevolata subito; al governo e ai suoi apparati il dovere di sbloccare immediatamente le procedure che rendono vano ogni sforzo di ripartenza. Il primo banco di prova è il turismo. Il comparto più colpito dal lockdown e che prima della pandemia garantiva, anche con il suo indotto, il 21 per cento del Pil. Gli stanziamenti previsti dall’esecutivo sono insufficienti. Necessario incrementarli al più presto, visto che la stagione estiva è alle porte.