Divisi alla meta

"Nella campagna elettorale in corso uno dei temi più ricorrenti è quello del vincolo di mandato"

Milano, 25 febbraio 2018 - Nella campagna elettorale in corso uno dei temi più ricorrenti è quello del vincolo di mandato. Tutti i partiti dichiarano di voler prendere le distanze da «traditori» e voltagabbana e introdurre norme che vietino cambi di casacca durante la legislatura. Tuttavia le premesse non sono delle migliori. L’ultimo scorcio di campagna elettorale che si sta aprendo in questi giorni svela crepe assai visibili in tutti gli schieramenti in campo. Sembra che già ora, ancor prima di verificare l’esito delle urne, qualcuno stia pensando al salto della quaglia e a riposizionarsi dopo il voto in base alle convenienze del momento. Nel centrosinistra, oltre al dualismo Gentiloni-Renzi, con un premier che continua a incassare endorsement autorevoli (Napolitano, Prodi, Veltroni), il segretario dem è costretto a dichiarare che anche in caso di débâcle non lascerà la guida del Nazareno. Per non parlare delle divisioni nel partito in Alto Adige, dove 14 dissidenti hanno lasciato il Pd.

Questo dopo aver contestato la «candidatura imposta dall’alto» di Maria Elena Boschi e di Gianclaudio Bressa. Dunque i Dem non devono soltanto guardarsi dalla concorrenza a sinistra di Liberi e Uguali, ma sono costretti sulla difensiva da una geografia correntizia interna che rivela divisioni e fratture più o meno latenti, pronte ad esplodere il 5 marzo. Nel centrodestra, che pure nei sondaggi viene dato in vantaggio, serpeggiano non pochi malumori, dovuti alla presunta volontà di Silvio Berlusconi di allearsi con il Pd qualora non ci fosse una maggioranza chiara in parlamento. Quest’ipotesi è vista come fumo negli occhi dagli alleati Matteo Salvini e Giorgia Meloni. E tale diversità di vedute si sta traducendo in una campagna elettorale con tanti distinguo, anche nelle piazze, visto che i tre alleati hanno promosso manifestazioni separate anziché di coalizione.

Non meno incerto il quadro nel recinto pentastellato. I candidati ripudiati da Luigi Di Maio in quanto colpevoli di non aver rispettato le regole del Movimento sui rimborsi e sulle appartenenze, saranno eletti comunque e a quel punto bisognerà capire se si dimetteranno o se si iscriveranno ad altri gruppi. Se già ora, quindi, le forze in competizione non appaiono coese, difficile immaginare che, con numeri incerti, possano mantenersi così come sono ora. Facile prevedere scomposizioni e ricomposizioni. Se in Europa c’è una fondata preoccupazione per il futuro della governabilità italiana, questi segnali di disgregazione all’interno degli schieramenti certamente non trasmettono grande fiducia. 

sandro.neri@ilgiorno.net