Tanti debiti e poco coraggio Italia in mora

Che l’Italia debba pagare davvero i 2 miliardi di euro per la condanna del 28 gennaio a causa dei ritardi dei pagamenti alle imprese è questione rilevante, ma non decisiva

Milano, 9 febbraio 2020 - Che l’Italia, alla fine, debba pagare davvero i 2 miliardi di euro per la condanna del 28 gennaio a causa dei ritardi dei pagamenti alle imprese è questione rilevante, ma non decisiva. La sentenza della Corte di Giustizia Europea mette il dito nella piaga. E conferma il triste andazzo italiano dei tempi troppo lunghi, e in molti casi anche ingiustificati, dei versamenti delle spettanze al mondo produttivo per lavori eseguiti per conto e su richiesta della pubblica amministrazione. Nei settori della sanità e delle costruzioni, stando a un rapporto della Cgia, i ritardi, rispetto ai tempi massimi di attesa previsti dalla legge, vengono superati, rispettivamente di 39 e di 73 giorni di media.

Stando alla relazione presentata a maggio dal Governatore della Banca d’Italia, l’ammontare complessivo dei debiti commerciali della Pubblica Amministrazione sarebbe pari a 53 miliardi di euro. In calo, ma ancora allarmante. D’altra parte il problema non è di oggi. Nessuno degli ultimi governi ha mai affrontato con serietà il tema, ritenendolo poco redditizio sul piano dei ritorni elettorali. La verità è che il mondo delle imprese sarebbe di sicuro molto riconoscente alla classe politica se intervenisse sui tempi dei pagamenti, al fine di ridimensionare l’emergenza liquidità che spesso investe soprattutto aziende più fragili e meno strutturate, costringendole nei casi peggiori a drastiche cure dimagranti o, addirittura, a chiusure repentine. Viene spesso sottovalutata l’incidenza che la burocrazia ha sui destini delle categorie produttive. Ma le cifre snocciolate ieri dalla Cgia sono invece la riprova che la managerialità non basta se lo Stato non supporta efficacemente gli sforzi di chi investe in attività di impresa. Alcuni settori come quello del turismo non vengono sufficientemente valorizzati in termini strategici, nonostante il nostro Paese venga considerato una delle mete preferite del mercato mondiale delle vacanze. A Milano si apre la quarantesima edizione della Borsa internazionale del turismo. Una vetrina di primo piano per tutti gli operatori del settore. Sarebbe davvero auspicabile che il governo mettesse in cima alle sue priorità la valorizzazione dei tesori sparsi sul territorio italiano, incentivando tutti gli ambiti del comparto e non solo quelli tradizionali. E altrettanto auspicabile sarebbe che giungessero a meta i progetti legislativi volti a disciplinare in modo più equilibrato fenomeni di ospitalità ancora non sufficientemente regolamentati. In particolare quello di Airbnb. Queste incertezze confermano quanto sia importante la stabilità politica, fatta non solo di rinvii, ma anche di scelte coraggiose.