Così l’esecutivo scommette sull’istruzione

L’emergenza Covid ha costretto il governo a una corsa a ostacoli che pare tutt’altro che conclusa. Le domande della vigilia sono tante

Milano, 13 settembre 2020 - Domani torna a suonare la prima campanella nelle scuole italiane. A memoria non si ricorda un inizio di anno didattico più incerto. L’emergenza Covid ha costretto il governo a una corsa a ostacoli che pare tutt’altro che conclusa. Le domande della vigilia sono tante. Basteranno i banchi monoposto? Ci saranno i docenti in tutte le classi? I controlli anti-Covid funzioneranno in modo affidabile in tutti gli istituti scolastici? E, soprattutto, in caso di contagi estesi, sarà pronto il piano alternativo della didattica a distanza? La verità è che nessuno, neppure il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, è in grado di dare risposte esaurienti a queste domande.

E così l’inizio delle lezioni finisce per turbare il sonno di migliaia di famiglie che non sanno ancora se potranno pianificare come ogni anno gli impegni di giornata sulla base del calendario scolastico. Sarà per altro un avvio a singhiozzo, perché molti istituti superiori hanno già annunciato di voler avviare lezioni on line in quanto non attrezzati per una ripartenza in sicurezza e perché in sette regioni il suono della prima campanella è stato posticipato a dopo le elezioni amministrative e al voto referendario. Sicuramente queste decisioni sono ispirate a prudenza, ma il rischio è che determinino difformità di programmazione e scadenze delle attività didattiche diverse e frammentate. Più volte il premier ha rimarcato l’importanza della scuola come cartina di tornasole del rilancio del Paese dopo la pandemia, ma i pericoli che incombono sulla salute di studenti, insegnanti e genitori alimentano dubbi sulla riuscita di questa importante tappa. D’altra parte se le scuole non superassero l’esame, i contraccolpi sulla vita produttiva e sull’economia del Paese sarebbero traumatici. E si rallenterebbe ulteriormente la ripresa che invece non può più attendere. In molti, anche nella maggioranza, premono per l’utilizzo dei soldi del Mes che potrebbero potenziare le dotazioni sanitarie nelle scuole per ridurre i rischi di contagio da Covid. Ma almeno fino all’election day di domenica prossima le bocce sono ferme e la disputa tra gli alleati di governo sull’utilizzo di quegli aiuti europei è congelata.

Il premier preferisce concentrare il dibattito sulla destinazione delle risorse del Recovery Plan, sulle quali si sono già scatenati gli appetiti dei vari ministri, che vorrebbero gestirle in funzione dei rispettivi ambiti di competenza. Entro il 15 ottobre il governo dovrà inviare a Bruxelles il testo della legge di Bilancio contenente proposte concrete e precise su come utilizzare quegli oltre 200 miliardi destinati all’Italia. È tempo di decisioni coraggiose perché intere categorie produttive non possono più aspettare e hanno la necessità di rilanciare la produzione e il commercio di beni e servizi. Sicuramente l’esito del voto del 20 e 21 settembre inciderà su quelle scelte.