Basta alibi. Ora affrontate i veri problemi

Si discute ancora della folla che l’altro giorno a Milano ha fatto infuriare il sindaco Beppe Sala e allarmato gli esperti

Milano, 10 maggio 2020 - Si discute ancora della folla che l’altro giorno a Milano ha fatto infuriare il sindaco Beppe Sala e allarmato gli esperti. L’eccessiva disinvoltura con cui molti giovani hanno ripreso a vivere gli spazi all’aperto senza preoccuparsi di rispettare le misure di contenimento non è il modo giusto per affrontare la Fase 2 e arginare il pericolo di contagio. Però immagini come quelle dei Navigli affollati non devono nascondere problemi più seri. L’emergenza sanitaria sta cedendo il passo a quella socioeconomica evidenziata da scene altrettanto significative, come quella di centinaia di ristoratori milanesi che manifestano contro chi non consente loro di riaprire le attività.

E che vengono multati per aver provocato assembramenti. La situazione di intere categorie produttive - non soltanto in Lombardia – è semplicemente drammatica e risente della mancanza di quella liquidità più volte promessa e mai arrivata davvero nelle tasche di imprenditori, lavoratori autonomi, professionisti e cassintegrati. I vari decreti governativi erano stati pensati per accelerare gli aiuti all’economia e alle persone. Ma il beneficio del ricorso a questi strumenti di solito usati per ragioni eccezionali è rimasto una chimera. I soldi non arrivano. Ed è difficile capire le ragioni di questi ritardi che si sommano alle continue tensioni tra gli alleati di governo. Non è solo questione di ostacoli burocratici. Ma di una mancanza di strategie chiare e lungimiranti per il Paese. Non solo. Si ha la sensazione che i problemi vengano sottovalutati e che non ci sia una chiara percezione della probabile catastrofe socioeconomica che potrebbe derivare da questa pandemia. Neppure l’Europa può essere un alibi dietro il quale nascondersi. 

Ci sono passi concreti che il governo avrebbe già potuto fare da tempo. Per esempio concedendo soldi a fondo perduto ad aziende che da mesi sono chiuse e che devono comunque continuare pagare i costi fissi dell’affitto delle sedi e dei capannoni e degli stipendi dei dipendenti che non vogliono perdere. Il semplice rinvio delle scadenze fiscali rimanda soltanto, senza risolverlo affatto, il dramma di milioni di persone che ancora non sanno se potranno tornare a lavorare.