L'isolamento che spaventa come la malattia

Se c’è un’eventualità che spaventa quanto il contagio da coronavirus è la paura di rimanere isolati

Milano, 8 marzo 2020 - Se c’è un’eventualità che spaventa quanto il contagio da coronavirus è la paura di rimanere isolati. Chiusi una cerchia di comuni, come da settimane succede nella Bassa lodigiana, e in casa propria, per osservare l’obbligo di quarantena. Chiudere o meno l’intera Lombardia e una schiera di undici capoluoghi del Centro-Nord è stato il nodo cruciale di queste ultime ore e oggi il Consiglio dei ministri deciderà se procedere con le nuove restrizioni. L’isolamento, sebbene necessario dal punto di vista sanitario, comporta pesanti ricadute sul piano economico e commerciale. Ma ieri sera più che questo aspetto, hanno sollevato perplessità alcuni passaggi della bozza che in alcuni punti, come ha sottolineato il governatore lombardo, Attilio Fontana, appare “pasticciata”.

La realtà è che nessuno, oggi, può prevedere con certezza quanto durerà l’emergenza, con gli annessi provvedimenti restrittivi al momento previsti fino al 3 aprile. Non a caso «regole certe e chiare» è quanto chiedevano i sindaci delle dodici città capoluogo di provincia della Lombardia che ieri hanno incontrato il governatore Fontana. Nella notte si è lavorato, a Milano come a Bologna, per suggerire al premier Conte come rendere applicabili le misure. Il sistema lombardo rappresenta l’ossatura portante dell’economia del Paese. Ed è sicuramente quello che possiede gli anticorpi più affidabili per fronteggiare una situazione che non ha precedenti in Italia. Saranno necessari aiuti massicci e prolungati per rimettere in moto tutti gli ingranaggi dell’apparato produttivo, stimolando investimenti, consumi, circolazione di beni e servizi. I 3,6 miliardi stanziati in prima battuta dal governo possono rappresentare un buon punto di partenza, ma sono certamente insufficienti per consentire al Paese di risalire la china. Oltre agli aiuti diretti andranno pianificati interventi in ambito fiscale, sorretti da politiche adeguate e di respiro europeo.

Visti gli sviluppi del contagio e l’allarme ormai comune a vari Paesi, l’Ue non potrà voltarsi dall’altra parte. E dovrà anzi dare prova di coesione e di massima attenzione alle condizioni degli Stati più colpiti dal contagio, Italia in primis. Basti pensare all’agonia delle imprese del settore turistico, che registrano ogni giorno migliaia di disdette di prenotazioni e che devono far fronte a costi fissi di personale, di pagamento dei fornitori e di manutenzione delle strutture. E tutto questo senza poter far conto su alcun ricavo certo. Abi e associazioni di impresa hanno aggiornato e rafforzato le moratorie, estendendo ai prestiti al 31 gennaio 2020 la possibilità di sospensione o di allungamento delle rate. Ma al di là delle iniziative dei privati il pallino rimane nelle mani della politica, chiamata a fare scelte coraggiose per evitare la deriva e per salvare le categorie produttive dal naufragio.