Caro-bollette: servono misure d’emergenza

Crisi senza precedenti, nel settore manufatturiero si rischia il blocco delle attività produttive

Proviamo, per un istante, a immaginare cosa succederebbe se, di colpo, il prezzo della benzina lievitasse a 5,6, magari 8 euro al litro. Dopo il caos e il panico dei primi giorni scatterebbe la mobilitazione. Non solo degli automobilisti, ma dei massimi vertici del Paese. Sarebbe, ovvio, una crisi senza precedenti. Quella scoppiata per i pesanti rincari del costo dell’energia è di una gravità del tutto simile, anche se la consapevolezza della reale portata della situazione non è così diffusa. Singolare paradosso: perché gli aumenti riguardano tutti, famiglie e imprese, e a cascata si riverberano sui beni di consumo. E continueranno a farlo, prevede la Banca d’Italia, per tutto l’anno. 

Per Bankitalia, infatti, le aziende italiane "hanno rivisto significativamente al rialzo i listini nell’ultimo trimestre del 2021, e le loro aspettative sull’inflazione al consumo sono salite ben oltre la soglia del 2 per cento". I primi effetti del caro-bollette si sono già fatti sentire. Non solo nel comparto della cosiddetta industria energivora. Un ristoratore di Milano mi mostra una bolletta, arrivata a dicembre, dell’importo di 12.000 euro; le precedenti non superavano mai i 4.000. Secondo Unioncamere, dati alla mano, per energia, gas naturale, acqua e rifiuti le piccole e medie imprese nel 2021 hanno pagato il 13,3 per cento in più del 2020. I più penalizzati si sono rivelati i negozi di beni non alimentari, per i quali la spesa è aumentata del 20,3 per cento. Energia elettrica e gas naturale sono aumentati rispettivamente del 15,3 e del 22,2 per cento in dodici mesi, e gli incrementi sono destinati a salire.

Nella manifattura, dove il rincaro dell’elettricità ha toccato il picco del +280 per cento, l’allarme è forte. L’intero comparto ad alta intensità energetica rischia di dover interrompere le attività produttive. Scelta già adottata, in Lombardia, da molte aziende del comparto siderurgico, pur in presenza di una domanda fortissima. "Gli ordini ci sono, ma in questo momento ci troviamo a non riuscire a trasferire i costi sui clienti", spiega un industriale. "Se dovessimo riflettere del tutto gli aumenti, l’impatto sull’inflazione sarebbe molto significativo, con un possibile rischio conseguente di blocco della domanda".

Già ora le conseguenze del fermo della produzione hanno ricadute importanti. Rallenterà, per esempio, l’economia circolare: molti dei settori energy intensive sono anche riciclatori di rifiuti e di materie prime secondarie. Servono interventi eccezionali. Non a caso, fra gli imprenditori, c’è chi invoca procedure d’emergenza come quelle attivate per la ricostruzione del ponte Morandi. C’è in gioco un tessuto industriale che genera 88 miliardi l’anno di valore aggiunto e assicura, con l’indotto, 700.000 posti di lavoro.