Pandemia e matrimoni, a rischio 80mila aziende e 560mila posti di lavoro

Il settore da solo rappresenta il 2,5% del Pil nazionalema non ha avuto nessuna sostegno dal Governo. La crisi frena anche i divorzi

Wedding planner, un mestiere messo in ginocchio dalla pandemia

Wedding planner, un mestiere messo in ginocchio dalla pandemia

«Non ce la facciamo più. Non c’è stato mai nessuno in questo doloroso anno, tra i nostri governanti che abbia speso una sola parola per il settore dei matrimoni. Si parla giustamente delle riaperture dei ristoranti, dei cinema, dei teatri, delle palestre e delle piscine. E noi?». A lanciare il grido d’allarme è il wedding planner Enzo Miccio, oggi volto di «una filiera che conta oltre 80mila aziende» e «un settore che da solo rappresenta il 2,5% del Pil nazionale» ma «che ad oggi - dice - non ha avuto nessuna risposta e nessun sostegno dal Governo». A rischio, «oltre 560 mila posti di lavoro. Quello che vogliamo - aggiunge - non sono contributi o assistenzialismo, ma progettualità, regole, un protocollo serio e rigoroso per ricominciare a lavorare, tutti».

Sul fronte opposto, il lockdown sembrava essere la tempesta perfetta per le coppie in crisi e invece, stare insieme 24 su 24, pare abbia fatto bene alle convivenze. Almeno in Italia, stando agli ultimi dati forniti dalla sezione Famiglia del Tribunale di Roma e elaborati dall’Associazione Diritto e Psicologia della Famiglia ( Dpf). Nell’anno nero della pandemia si è inaspettatamente registrata una diminuzione del 15% del numero delle separazioni rispetto all’anno precedente. Di contro si è rivelato un aumento, sia pure lieve delle separazioni consensuali (+2%) che hanno rappresentato così il 76% di quelle totali. 

Nessuna corsa al divorzio anche tra gli ex già legalmente separati tanto che nel 2020 i divorzi sono diminuiti del 20% con un aumento del 3% di quelli in via giudiziale, ovvero di quelli in cui le parti non sono riuscite a trovare un accordo (28% contro il 25% dell’anno precedente). Nelle separazioni consensuali aumenta dell’8% l’utilizzo della negoziazione assistita, una procedura che consente di arrivare allo scioglimento del matrimonio ‘in via amichevole’ con una significativa riduzione dei tempi e dei costi di una lunga guerra giudiziaria. Nel 2020 ci sono stati 831 divorzi giudiziali contro i 929 dell’anno precedente. 

 Scendono a 1.943 le separazioni consensuali, 556 in meno rispetto al 2019. In calo anche i divorzi congiunti che passano da 1.955 a 1.293. In crescita solo i numeri di chi si dice addio avvalendosi della negoziazione assistita: 832 divorzi e 1.161 separazioni. L’anno precedente i matrimoni finiti con una stretta di mano erano stati 825, 1.092 le separazioni. Cosa significano questi numeri? “Temo che le ragioni di questa flessione vadano ricercate non tanto nella riscoperta di sopiti amori, quanto piuttosto nella grave crisi economica che è scaturita dall’epidemia in corso - ha detto il presidente della Dpf, avvocato Marco Meliti - Di fonte ad anni di grande incertezza economica e con la paura di perdere il lavoro, molte coppie - soprattutto quelle a basso reddito - non se la sono sentita di affrontare una separazione che, oltre al costo umano ed economico, comporta un grave impoverimento per le finanze familiari, derivante dall’inevitabile duplicazione dei costi, come quelli legati alla necessità di mantenere due abitazioni. Questo spiega perché- ha detto il matrimonialista- anche quando si è ritenuta non più rinviabile la separazione, si sia cercato di farlo in accordo”.