Tim e il fondo Usa Kkr. La grande partita delle telecomunicazioni

I conti non tornano: oggi consiglio di amministrazione straordinario. Il futuro della grande azienda privatizzata nel 1997 e i rischi di un ennesimo "spezzatino"

Luigi Gubitosi, ad di Tim

Luigi Gubitosi, ad di Tim

Il fondo americano Kkr avrebbe presentato una manifestazione di interesse per l'acquisto di Tim tanto che il presidente del gruppo telefonico, Salvatore Rossi, ha convocato per oggi un consiglio di amministrazione straordinario per comunicare la proposta. Il fondo Kkr è già azionista di FiberCop, la societa' in cui Tim ha spostato l'ultimo miglio della rete telefonica e ora punterebbe ad acquisire l'intero gruppo. Undici consiglieri di Tim hanno chiesto a Rossi una nuova riunione, inizialmente convocata per venerdì prossimo 26 novembre ma che le vicende di queste ore rischiano di rendere meno decisiva. 

Consiglio straordinario

Nella seduta odierna si discuterà anche dell'andamento negativo dei conti che pone l'amministratore delegato di Telecom Italia, Luigi Gubitosi, in una situazione difficile. Standard&Poors ha tagliato a BB il rating del gruppo telefonico, sempre più lontano dall’investment grade. Tra i più scontenti c'è proprio Vivendi, primo azionista del gruppo italiano e principale sponsor della necessità di un avvicendamento al vertice di Tim. All’ordine del giorno non figura il tema della governance, si parlerà di "organizzazione" e "strategia". Il ceo Arnaud de Puyfontain non ha fatto mistero di essere insoddisfatto per i risultati del gruppo e il fronte del malcontento sembra essersi ampliato. I rumors dicono che Vivendi vorrebbe puntare su un nuovo manager del settore, italiano e in accordo con Cassa Depositi e Prestiti, per rilanciare l’azienda strategica per il Paese e che dà lavoro a 40mila dipendenti.

​Posti di lavoro

Da parte loro i sindacati hanno già espresso tutti i loro timori sulle possibili ripercussiuoni sul fronte moccupazionale e in una lettera al ministro Giorgetti avvertono che le ultime notizie “non lasciano più spazio a qualsiasi ulteriore dilazione” e “si va profilando l’ennesimo affossamento” dell’ex monopolista. “Un’azienda che aveva basato il proprio piano di rilancio industriale su un progetto infrastrutturale condiviso dal governo – scrivono – vede ora rimesso tutto in discussione per il repentino e ad oggi tutt’altro che chiaro cambio di impostazione dell’esecutivo. C’è in gioco la tenuta occupazionale di Tim con il rischio di migliaia di esuberi e la tenuta di tutto il settore Tlc”, scrivono i sindacati al Mise richiedendo un incontro urgente. Un portavoce di Vivendi oggi ha affermato che il gruppo dei media francesi è pronto a lavorare a fianco delle autorità e delle istituzioni italiane per il successo a lungo termine di TIM

I nodi Dazn e Rete unica

A pesare suil trend negativo dell’ultimo trimestre c'è l’accordo con Dazn per portare la serie A su Tim Vision non ha portato i numeri attesi. A questo si aggiunge lo stallo sull'operazione Open Fiber, su cui nelle scorse settimane si sono accesi i riflettori della Comunità europea. Nella grande partita sulle telecomunicazioni nel nostro Paese Bruxelles ci è entrata l'11 novembre scorso quando gli uffici della Concorrenza europea hanno dato il via libera al passaggio di Cassa Depositi e Prestiti dal 50 al 60 per cento in Open Fiber - società appunto nata per costruire la rete a banda ultralarga - e per l'acquisizione del restante 40 per cento da parte del fondo austrialiano Macquarie, che subentra a Enel. Nel dossier presentato agli uffici di Bruxelles erano illustrati anche alcuni specifici patti tra i due azionisti, tra cui l'impegno di Macquarie a finanziare l'operazione rete unica peraltro sostenuta dallo stesso Governo che peraltro è anche azionista di Cdp. Sul punto l'Antitrust europea è stata chiara: quel vincolo va eliminato perchè contrario al regime di libera concorrenza. 

Il colosso di New York

Il fondo americano Kkr, è una società globale di investimenti che offre soluzioni gestionali in ambito assicurativo, patrimoniale alternativo e dei mercati di capitali. Non è un fondo considerato speculativo: l'obiettivo dichiarato è infatti quello di generare interessanti ritorni sugli investimenti grazie a un approccio prudente e disciplinato agli investimenti, richiamando collaboratori di livello mondiale e supportando la crescita delle società nel suo portafoglio e delle comunità. KKR sponsorizza fondi di investimento mirati ai segmenti del private equity, creditizio e immobiliare, e opera con partner strategici attivi nella gestione dei fondi speculativi. Fondato nel 1976 come Kohlberg Kravis Roberts & Co, dal 2010 è quotato alla Borsa di New York, ed è cresciuto in diversi settori, dalle infrastrutture al real estate, dall'immobiliare agli hedge funds l'azienda, completando 280 investimenti di private equity in società in portafoglio con quasi mezzo miliardo di dollari di valore. Il fondo ha uffici in 21 città in quattro continenti (America, Europa, Asia e Medio Oriente). Il fondo gestisce asset per 429 miliardi di dollari (quasi 400 miliardi di euro) e ha un portafoglio di 109 società nei propri fondi di private equity che generano circa 244 miliardi di dollari di ricavi annui. Il fondo vanta un team di oltre 1.700 dipendenti, consulenti e senior advisors, compresi circa 550 professionisti di investimenti. I risultati relativi al terzo trimestre dell'anno hanno evidenziato ricavi superiori alle attese grazie ai proventi dalle venditi nella divisione equity. Lo scorso anno Kkr è entrato in Fibercop a fianco di  Tim e Fastweb, con il con 37,5% del capitale.

La partita

Se oggi la proposta di Kkr dovesse essere ufficializzata nel consiglio di amministrazione straordinario, per Vivendi si aprirebbe una partita difficile perché fronteggiare il fondo Usa è impresa imparagonabile anche per la pur ricca media company parigina controllata da Vincent Bolloré, anche aggiungendo i fondi di Cvc. Ma ha già il 23,5% e rappresenta un evidente ostacolo sulla strada di Kkr e del riassetto di Tim. Non va dimenticato nemmeno il ruolo del governo, che nella vicenda potrebbe far valere la golden power per mantenere in mani italiane una società strategica come Tim. Gli asset fissi di TIM sono ritenuti strategici dal governo italiano e Cassa Depositi e Prestiti ha acquisito una quota del 9,8% nell'ex monopolista telefonico per sovrintenderli. L'investitore pubblico peraltro è già presente sia in Terna che in Snam, oltre che nella rete di distribuzione del gas Italgas, attraverso il veicolo di investimento CDP Reti, costituito nel 2012 per detenere partecipazioni in asset di rete. Privatizzata nel 1997, nella storiadi Tim la poltica ci ha sempre messo becco facendo regolarmente più danni che altro. Proprio come è successo con Alitalia con i capitani coraggiosi, giusto per citare un altro esempio di grande fallimento. Il mondo globalizzato però ha cambiato le regole d'ingaggio e ora la partita è davvero planetaria e oggi i salotti buoni, Mediobanca e Cuccia sembrano ricordi di un'epoca lontanissima. Con il rischio dell'ennesimo "spezzatino" all'italiana.