Tasse, Lombardia la più tartassata d'Italia: "Nord e Sud? Serve unica strategia"

Ogni lombardo paga quasi 13mila euro all'anno, in Meridione la media è di circa 6mila euro: l'opinione della presidente dell'ordine dei commercialisti di Milano

I lombardi sono i più tassati d'Italia

I lombardi sono i più tassati d'Italia

Milano, 11 agosto 2019 - Il fisco fa cassa con i lombardi, i contribuenti più tassati d’Italia. Secondo lo studio della Cgia di Mestre nel 2017 (ultimo anno in cui i dati sono disponibili), ogni residente in Lombardia ha pagato mediamente 12.297 euro tra tasse, imposte e tributi. Seguono i valdostani con 11.480 euro, gli abitanti del Trentino Alto Adige con 11.297 euro e gli emiliano-romagnoli con 11.252 euro. La Calabria, invece, è l’area dove il “peso” del Fisco è più contenuto: ogni residente di questo territorio ha pagato all’erario mediamente 5.516 euro meno della metà di quanto hanno versato i lombardi. A livello nazionale, invece il dato medio è pari a 9.168 euro, con l’83,7% dirottato nelle casse dello Stato centrale e il 16,3% alle regioni e agli enti locali.

«Paghiamo più tasse degli altri? Dipende (anche) dal reddito pro capite». Marcella Caradonna, presidente dell’Ordine dei commercialisti di Milano, non è sorpresa dalla classifica del gettito delle regioni. Del resto, il nostro sistema tributario è basato proprio sul criterio della progressività. E quindi, nei territori dove i livelli di reddito sono maggiori, grazie a condizioni economiche e sociali migliori, anche il gettito tributario presenta dimensioni più elevate che altrove.  «La Lombardia fa da traino al Paese – conferma Caradonna –, ma credo che l’aspetto più importante che emerge dallo studio della Cgia di Mestre e sul quale sarebbe necessario riflettere, siano le potenzialità non sfruttate di certi territori. Il Sud, soprattutto certe regioni, potrebbe avere la stessa marcia della Lombardia. Occorre capire come fare in modo che questo accada». 

Basterebbe l’autonomia? «È un tema molto complesso – chiarisce la commercialista –. Sotto certi aspetti può aumentare l’efficienza del singolo territorio, ma dev’essere guidata in modo sensato perché altrimenti si trasformerebbe in uno strumento per aumentare il divario tra le regioni». La stessa Cgia di Mestre, rimarca che «Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna sono le regioni che stanno vivendo la fase più avanzata di questa partita, ma altre realtà hanno manifestato l’interesse ad avviare una trattativa con l’Esecutivo. Più autonomia equivale a più responsabilità ed è evidente che i risparmi e l’extra gettito prodotto devono rimanere nei territori che li generano. Queste tre regioni faranno da apripista, provocando un effetto trascinamento che ridurrà la spesa pubblica e innalzerà la qualità dei servizi erogati ai cittadini».

L’Italia quindi non ha bisogno di continuare a fare distinguo fra Nord e Sud...  «Al Paese serve una strategia globale – ribadisce Marcella Caradonna –. L’autonomia si deve inserire in una serie di riforme fiscale, economica e degli investimenti. Altrimenti sono tante iniziative singole». E poi «serve stabilità per dare tranquillità alle imprese e ai contribuenti in generale». A cominciare, ad esempio, dagli Isa (gli ex studi di settore), le pagelle fiscali per imprese e professionisti: «Ancora non si sa come devono essere applicati, creando una confusione che incide sui costi indiretti».