South working, Eurispes: il 40% disposto a "nuova vita" al Sud

L'indagine: una opportunità per il rilancio dell'economia territoriale

Smart working, telelavoro, lockdown coronavirus: foto generica (ImagoE)

Smart working, telelavoro, lockdown coronavirus: foto generica (ImagoE)

Milano – La pandemia ha cambiato le nostre abitudini e anche il nostro modo di lavorare. Durante questi mesi di emergenza sanitaria, le aziende che hanno utilizzato lo smart working nei primi tre trimestri del 2020 - o totalmente o comunque per oltre l'80% degli addetti- nel 3% dei casi hanno avuto dipendenti che hanno lavorato in south working. E la novità , seppur dettata dall'emergenza Covid, si è dimostrata positiva per i lavoratori tanto che il 40% degli intervistati si trasferirebbe al Sud se la sua azienda gli offrisse la possibilità, mente il 32% lo farebbe soltanto a certe condizioni. Il dato emerge dall'indagine di Datamining (Svimez) dell'Osservatorio Smart Working, Politecnico di Milano riportata da Eurispes.

  1. Boom smart worker
  2. Le aziende
  3. Gli effetti
  4. Le criticità
  5. Opportunità di rilancio
  6. Vantaggi riscontrati

Il boom degli smart worker

L'indagine descrive un fenomeno in crescita nel 2020. Se prima dell'emergenza sanitaria gli smart worker in Italia erano 570mila, nel 2020 ne sono stati registrati 6,58 milioni. Il fenomeno ha interessato principalmente grandi imprese (97%) e Pubbliche amministrazioni (94%), nonché il 58% delle PMI.

Le aziende

Per far fronte alle nuove esigenze, il 69% delle imprese di grandi dimensioni ha dovuto aumentare la dotazione hardware; il 65% ha investito per garantire un accesso sicuro da remoto ai dati e alle applicazioni; il 45% ha adottato software per la collaborazione la comunicazione e il 38% ha introdotto la logica "bring your own device", consentendo al lavoratore di utilizzare il proprio dispositivo. Se si analizzano le imprese della Pubblica amministrazione, la percentuale di ricorso al "bring your owndevice" aumenta del 97,3% rispetto alle grandi imprese. Il 42% delle imprese della P.A. ha incrementato la dotazione hardware e il 50% ha investito per un accesso sicuro da remoto ai dati e alle applicazioni. Più ridotti gli investimenti tecnologici delle imprese di piccole e medie dimensioni, che nel 50% dei casi hanno sospeso l'attività.

Gli effetti

Interrogate sui benefici dello smart working, le imprese di grandi dimensioni hanno riportato un miglioramento delle competenze digitali dei dipendenti (71%); il superamento di pregiudizi legati allo smartworking (65%); il ripensamento dei processi aziendali (59%) e l'opportunità di sperimentare strumenti digitali differenti da quelli usati (47%). Anche le imprese della P.A. hanno evidenziato gli stessi benefici, rilevando in percentuale maggiore (+19%) la possibilità di sperimentare strumenti digitali differenti da quelli abitualmente in uso.

Le criticità

Secondo l'indagine i lavoratori sono consapevoli delle criticità che potrebbero incontrare trasferendosi al Sud e chiedono, per questo, interventi volti al miglioramento dei servizi sanitari (80%) e di quelli per la famiglia (72%), il miglioramento della qualità dei trasporti (75%) e del sistema scolastico (67%) e la possibilità di poter usufruire di migliori opportunità di carriera (70%).

Un'opportunità di rilancio 

Il South working appare dunque come una opportunità per il rilancio dell'economia territoriale. Tra le priorità del Mezzogiorno rientrano gli investimenti in digitalizzazione, volti a ridurre il digital divide,che si traduce sia in un accesso limitato alla banda larga, sia in una scarsa dotazione di Pc e tablet da parte della popolazione.

Vantaggi

I vantaggi per le aziende con lo smart working, spiega la ricerca, non sono legati esclusivamente alla riduzione dei costi (costi fissi delle sedi fisiche; costi accessori del lavoro e oneri per immobili strumentali), ma anche alla maggiore flessibilità nella gestione degli orari di lavoro e alla crescente motivazione e produttività dei lavoratori.