DA RIFIUTO A RISORSA: LA SECONDA VITA DELLA CO2

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DAI TEMPI della rivoluzione industriale ad oggi, l’umanità ha emesso più di 2.000 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, che si è accumulata in atmosfera. Questa spessa coltre di gas serra intrappola i raggi del sole e provoca il surriscaldamento globale che sperimentiamo oggi, con le ondate di siccità, gli incendi boschivi, lo scioglimento dei ghiacci e l’innalzamento dei mari che stanno rendendo invivibili vaste aree del pianeta. Per combattere l’emergenza climatica è necessario tagliare rapidamente le emissioni di gas serra, sostituendo l’energia fossile con le fonti rinnovabili, aumentando l’efficienza energetica, arrestando la deforestazione e riducendo i consumi di carne. L’ultimo rapporto dell’International Panel on Climate Change, uscito in agosto, conferma però che questi sforzi, da soli, non saranno sufficienti a mantenere il surriscaldamento globale entro il limite di sicurezza di 1,5° centigradi, come previsto dall’Accordo di Parigi.

L’unico modo per evitare il peggio, secondo il sesto rapporto dell’Ipcc, è accompagnare il rapido taglio delle emissioni allo sviluppo di tecnologie per la cattura della CO2 dall’atmosfera, anche perché la Cina, l’India e altre economie emergenti continueranno a utilizzare i combustibili fossili per anni dopo che gli Stati Uniti e l’Europa li avranno già in gran parte eliminati, e perché alcuni settori dell’economia, come l’aviazione o i trasporti marittimi, probabilmente continueranno a dipendere dall’energia fossile per decenni. I modelli climatici dell’Ipcc indicano che dovremo organizzarci per rimuovere miliardi di tonnellate di gas serra all’anno dall’atmosfera entro il 2050, accelerando nel contempo il taglio delle emissioni. È chiaro che catturare la CO2 per poi seppellirla sottoterra è un’idea che non entusiasma nessuno.

Trasformare invece la CO2 da rifiuto in risorsa preziosa e riutilizzarla nei cicli produttivi esistenti, nel settore chimico o nei trasporti, potrebbe essere la via giusta per rendere competitiva la sua cattura e ridurre così la sua concentrazione in atmosfera. Peter Edwards (nella foto in basso), per un decennio capo del dipartimento di chimica inorganica a Oxford, è un convinto sostenitore dell’economia circolare del carbonio. La principale difficoltà che qualsiasi metodo per riutilizzare la CO2 deve affrontare, però, è il fatto che la molecola di anidride carbonica è la più stabile fra i composti del carbonio, per cui scinderne i legami o legarla ad altre sostanze costa sempre molta energia. Uno dei grandi campi di ricerca per convertire la CO2 in una risorsa utile è quello dei catalizzatori.

Il team di Edwards all’università di Oxford, a cui appartengono Benzhen Yao, Tiancun Xiao e altri colleghi, ha sviluppato un protocollo per la fissazione dell’anidride carbonica, convertendola direttamente in carburante per l’aviazione tramite catalizzatori poco costosi a base di ferro, manganese e potassio, con il cosiddetto metodo della combustione organica. Il risultato finale, pubblicato su Nature, converte circa il 40% della CO2, producendo idrocarburi C8-C16 adatti per l’aviazione e una miscela di olefine leggere, anch’esse preziose a livello industriale.

In una direzione analoga stanno lavorando gli scienziati del Korea Advanced Institute of Science & Technology con un catalizzatore composto da nichel, magnesio e molibdeno, che innesca e accelera la conversione dell’anidride carbonica in idrogeno, usando un metodo chiamato reforming a secco. Il processo, pubblicato su Science, crea una miscela di idrogeno e monossido di carbonio, che possono a loro volta essere trasformati in combustibili liquidi, materie plastiche e persino prodotti farmaceutici. Il processo inventato dagli scienziati coreani è molto più efficace e stabile di quello utilizzato fino ad oggi, che richiede metalli rari e costosi come il platino e il rodio. Un altro filone è quello che punta a trasformare la CO2 in materie plastiche, grazie a una combinazione di chimica catalitica e biotecnologie. I ricercatori del Fraunhofer Igb di Stuttgart sono stati i primi a sintetizzare polimeri dalla CO2, nell’ambito di due progetti, EVOBIO e ShaPID. Prima la CO2 viene trasformata in metanolo e acido formico, convertiti a loro volta tramite microrganismi. Il risultato finale sono acidi organici, che vengono utilizzati poi come elementi costitutivi per i polimeri.

Lo stesso metodo può essere sfruttato anche per produrre aminoacidi, utili come integratori alimentari o mangimi per animali. Questo approccio offre una serie di vantaggi. "Mentre i processi chimici convenzionali richiedono molta energia e talvolta solventi tossici, l’utilizo di microrganismi consente condizioni più miti e più efficienti dal punto di vista energetico", spiega Jonathan Fabarius, scienziato esperto di biocatalizzatori al Fraunhofer.

"Utilizziamo il metabolismo del microrganismo, introducendo nei batteri dei geni adatti alla produzione di enzimi, con un sistema noto come ingegneria metabolica", precisa Fabarius. Gli enzimi così prodotti nel microrganismo catalizzano a loro volta la produzione di un polimero specifico. Per l’applicazione industriale di questi processi, Fabarius prevede tempi medio-lunghi: dieci anni sono un orizzonte realistico, sostiene. Ma i tempi potrebbero anche essere più rapidi, perché la pressione sull’industria per stabilire nuovi processi più sostenibili è in aumento.