CARBFIX TRASFORMA IL GAS SERRA IN ROCCIA

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TRASFORMARE la CO2 in un ingrediente prezioso per i processi industriali è ancora un obiettivo lontano, ma nell’attesa c’è già chi pratica da anni la cattura e lo stoccaggio della CO2 (Carbon Capture and Storage), unica opzione attualmente disponibile per tagliare le emissioni delle industrie più difficili da decarbonizzare. La tecnologia di cattura e stoccaggio della CO2 è in circolazione da decenni, ma è ancora costosa, con prezzi che si aggirano sui 120 dollari a tonnellata nella produzione di cemento e nella generazione di energia, in base ai dati dell’International Energy Agency, contro un costo attuale dei permessi di emissione di circa 55 euro a tonnellata sul mercato europeo Eu Ets. I prezzi del carbonio, però, salgono rapidamente e potrebbero arrivare a 100 euro già nel 2025. A quel livello, per alcuni settori sarà più economico catturare le proprie emissioni a lungo termine piuttosto che pagare i permessi per rilasciarle in atmosfera, tanto è vero che ci sono ben 300 progetti di Carbon Capture and Storage (Ccs) pianificati in tutto il mondo, con un aumento di sei volte negli ultimi due anni, in base al censimento di Wood Mackenzie. La cattura dell’anidride carbonica avviene di regola a valle dei processi industriali, dove il gas serra viene intercettato, compresso e avviato allo stoccaggio.

Al momento attuale sono attive 19 strutture di Ccs su larga scala e altre 32 sono in fase di sviluppo. Quando saranno tutte operative, potranno immagazzinare 100 milioni di tonnellate di CO2, una frazione comunque molto piccola delle emissioni globali: tanto per fare un paragone, nel 2019 il mondo ha emesso circa 33 miliardi di tonnellate di CO2. Fra i più innovativi sistemi di stoccaggio c’è il progetto islandese di mineralizzazione della CO2, su cui punta anche Bill Gates, che in primavera ha investito nella startup Carbfix. Il nuovo metodo, più sicuro e definitivo rispetto allo stoccaggio della CO2 nelle caverne del sottosuolo, è stato messo a punto dai ricercatori di Reykjavík Energy, dell’University of Iceland, del Cnrs francese e della Columbia University. La tecnologia di Carbfix, guidata da Edda Sif Aradóttir, consiste nel pompare la CO2 sciolta nell’acqua ad alta pressione nelle rocce vulcaniche a una profondità di 1000 metri, accelerando il processo naturale che spinge il gas a reagire con il basalto per diventare roccia. In natura, la reazione chimica si verifica molto più lentamente e ci vogliono anni per fissare nella roccia la CO2 che entra in contatto con il calcio, il magnesio e il ferro nel basalto, mentre in questo caso la reazione viene fortemente accelerata.

I risultati della sperimentazione, ormai in corso da diversi anni, sono sorprendenti: il gas serra solidifica in pochi mesi. Il sistema sviluppato in Islanda è già in grado di sequestrare 10mila tonnellate di CO2 all’anno nel basalto, a prezzi molto competitivi, di 20 euro a tonnellata, tanto che la società sta realizzando un hub portuale, il Coda Terminal a Straumsvik, vicino a Reykjavík, per accogliere carichi di CO2 via mare dall’estero, su navi costruite appositamente. Sarà la prima infrastruttura di questo tipo a funzionare su larga scala.

Elena Comelli