Gas e grano, la doppia guerra commerciale della Russia: le conseguenze per l'Italia

Il Governo studia un piano per raggiungere l'indipendenza energetica da Mosca che oggi copre il 38% dei consumi del nostro Paese

Gasdotto

Gasdotto

Dopo il gas, Mosca minaccia anche la guerra del grano. "Venderemo cibo e prodotti agricoli solo ai  Paesi amici", ha scritto su Telegram il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev

Grano

Una minaccia che la Coldiretti ha subito quantificato per le possibili conseguenze nel nostro Paese. L'Italia, ha spiegato, "lo scorso anno ha importato dal Paese di Putin circa 153 milioni di chili di grano, dei quali 96 milioni di chili di tenero per la panificazione e 57 milioni di chili di duro per la produzione di pasta". "La Russia - ha sottolineato ancora l'associazione degli agricoltori - è diventato il principale esportatore mondiale di grano ma la dipendenza dell'Italia risulta limitata con appena il 2,3% del totale del grano importato dall'estero, tra duro e tenero. A preoccupare l'Italia sono soprattutto le difficoltà nelle semine primaverili di cereali in Ucraina che - ha osservato ancora la Coldiretti - saranno praticamente dimezzate su una superficie di 7 milioni di ettari rispetto ai 15 milioni precedenti all'invasione della Russia, che sta bloccando anche le spedizioni dai porti del Mar Nero". Per il commissario Ue per gli Affari economici e monetari Paolo Gentiloni poi, la minaccia russa di tagliare le forniture alimentari di grano "non ha conseguenze per la sicurezza alimentare dell'Europa, ma può avere conseguenze sui prezzi e a pagare sarebbero i Paesi più in difficoltà, per esempio in Africa, dove ci sono carestie e problemi di sicurezza alimentare".

Gas

Per quanto riguarda invece il gas, che Putin pretende venga pagato in rubli ,il Governo italiano sta mettendo a punto una strategia per limitare la propria dipendenza dalla Russia. Si tratta però di un piano di medio-lungo termine, dal momento che con circa 29 miliardi di metri cubi l'anno importati, Mosca copre il 38% dei consumi del Paese. Contatti sono già stati avviati per aumentare le improtazioni dall'Algeria, attraverso il TransMed, dsll'Azerbaijan tramite il Tap e anche dalla Libia, attraverso il GreenStream, Inoltre, si potrebbe aumentare di 2,2 miliardi di metri cubi la produzione nazionale e risparmiare fino a 3 miliardi di metri cubi, il prossimo inverno, tagliando alcuni consumi dall'abbassamento del riscaldamento di un grado alla riduzione dell'illuminazione pubblica. E altri 5 miliardi verrebbero 'sostituiti' dall'eventuale riattivazione delle centrali a carbone. Forniture di gas potrebbero arrivare anche da Stati Uniti e Qatar, ma si tratterebbe di Gnl,  gas naturale liquefatto che deve essere trattato nei rigassificatori per essere immesso nella rete. E l'Italia dispone solamente di tre rigassificatori (a Porto Venere, Rovigo e Livorno), che potrebbero lavorare fino a 6 miliardi di metri cubi di materia prima in più. Tramite Snam, si starebbe trattando per ottenere due rigassificatori galleggianti, ma anche nelle migliori delle ipotesi non entrerebero in funzione prima di un anno-un anno e mezzo. Insomma, il percorso di indipendenza energetica dalla Russia non si compie dall'oggi al domani e, anche con scelte drastiche, non può essere più di tanto accelerato. La buona notizia è che anche se la Russia dovesse interrompere le forniture da un giorno all'altro, il Paese non subirebbe contraccolpi immediati. Il problema non riguarda infatti i prossimi mesi ma gli stoccaggi e le riserve invernali, motivo per cui il Governo si sta muovendo con anticipo. E sugli stoccaggi l'Italia è oggi a circa il 40% della capienza, contro una meda europea intorno al 30%.