Pensioni 2023, spunta Quota 103 "flessibile". Come funziona: 62 anni con 41 di contributi

Il Governo va verso la definizione del meccanismo che dovrà entrare in vigore dal primo gennaio

Quando si andrà in pensione nel 2023? Sono circolate varie ipotesi negli ultimi giorni. In particolare l'idea di poter lasciare il lavoro con 41 anni di contributi (argomento forte della campagna elettorale della Lega) unendola però a una soglia anagrafica (62 anni) andando a costituire una sorta di Quota 103 "semplificata". Ma vediamo di fare il punto della situazione.

Una sede dell'Inps (Ansa)
Una sede dell'Inps (Ansa)

Ipotesi Quota 103

Entro fine anno il Governo dovrà varare la Manovra economica. Fra i provvedimenti da inserire nella Legge finanziaria per il 2023 c'è anche la "Riforma delle pensioni". Considerando che i tempi per una riforma complessiva del sistema le ipotesi sono: prorogare quota 102 introdotta dal governo Draghi, non fare nulla e ritornare alla legge Fornero, attuare una "soluzione ponte" per il 2023 in attesa di un riordino complessivo della materia prima del 2024.

Quota 103, come si calcola

Quota 103 sarebbe dunque una soluzione ibrida che unirebbe Quota 41 (andare in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall'età) all'età anagrafica di 62 anni. Andrebbe duqnue in pensione chi ha compito 62 anni e ha un minimo di 41 anni contributi.

Ipotesi riforma pensioni 2023
Ipotesi riforma pensioni 2023

Solo per il 2023

Questo meccanismo andrebbe a sostituire, solo per il 2023, quota 102 (un'età anagrafica di almeno 64 anni e un'anzianità contributiva minima di 38 anni) che scadrà a fine 2022.

Il rischio Fornero

Se invece in Manovra non si farà nulla si tornerà alla Legge Forneroin pensione a 67 anni di età ed almeno 20 anni di contributi oppure dopo 42 anni e dieci mesi di contribuzione (un anno in meno per le donne). Contemporaneamente scadrebbero anche se il governo non trovasse una soluzione entro dicembre Ape sociale e Opzione donna.

Incentivo del 10% di stipendio

Quota 103 potrebbe essere legata a un meccanismo incentivante per chi invece deciderebbe di restare al lavoro: 10% di stipendio in più in busta paga. Un lavoratore che abbia maturato i requisiti potrebbe continuare a lavorare; in questo caso smetterebbe, come anche il datore di lavoro di versare i contributi ed una parte di questa cifra entrerebbe in busta paga con un aumento pulito del 10%. La misura avrebbe lo scopo di non privare il sistema Italia di competenze acquisite e specializzazioni e ritardare l'uscita dal mondo del lavoro incidendo di meno sui conti dell'Inps.