Medici, insegnanti e funzionari pubblici non possono essere intoccabili. Serve una riforma

È ora di integrare all'interno dei processi pubblici criteri di misurazione della qualità. Lo insegna (anche) la vicenda della mamma di Roma.

Medici e infermieri sfuggono, in Italia, a sistemi di accountability

Medici e infermieri sfuggono, in Italia, a sistemi di accountability

La tragica vicenda della neo-mamma abbandonata (perché questo è il termine corretto) con il suo bambino neonato, morto schiacciato dalla stessa madre, stravolta dal travaglio, ha scatenato un flusso di condivisione di esperienze altrettanto tragiche, da parte di donne di tutta Italia. La “violenza ostetrica” è stata raccontata in lungo e in largo, su giornali, social network, magazine. Eppure le soluzioni tardano ad essere espresse.

Si parla, correttamente, di incrementare le risorse all’interno degli ospedali: più personale, maggiori strutture potrebbero evitare queste tragedie, ma si trascura un punto. Medici, infermieri, così come giudici, insegnanti, dipendenti pubblici continuano a godere di uno stato in cui ogni azione (corretta o sbagliata che sia) non ha quasi alcun impatto sulla propria carriera.

Nel settore pubblico in Italia non esiste accountability: la responsabilità del soggetto di fronte ai propri risultati, alle proprie scelte, alle proprie azioni. Sì, esistono sistemi di valutazione ma, nei fatti, non è previsto enforcement. È capitato anche davanti ai miei occhi di trovarmi di fronte a situazioni di abusi e di violenza, o, nel migliore dei casi, di totale inefficienza e incapacità. L’unica via che ha un paziente, studente o cittadino è presentare una segnalazione al soggetto competente (ad esempio negli ospedali o nelle ASL esiste una email per segnalare problematiche), e la risposta non è sempre garantita.

Scuole, ospedali e tribunali dovrebbero essere i luoghi di garanzia dei più importanti diritti dei cittadini italiani: la salute, la sicurezza, l’istruzione. Eppure sono anche i luoghi in cui ci sentiamo più vulnerabili, in una condizione di totale asimmetria di potere, praticamente impossibile da trovare nel settore privato o in altri contesti territoriali. Se tutte le donne che hanno subito “violenza ostetrica” avessero potuto compilare un form di soddisfazione, una “recensione”, una dichiarazione di percezione di qualità del servizio, forse, oggi, avremmo meno storie come quella della mamma di Roma da raccontare.

E invece, purtroppo, nel settore pubblico continuano a esserci situazioni di abusi proprio perché non esiste alcun reale controllo delle figure. Questa situazione diventa ancora più grave se pensiamo a chi, invece, mostra professionalità e qualità nel suo lavoro e, per gli stessi motivi, non viene premiato o incoraggiato. Così come non esistono punizioni, controlli o allontanamenti (se non per casi davvero gravi), non esistono nemmeno scatti di carriera, aumenti o riconoscimenti per chi compie un lavoro eccellente e riconosciuto.

È necessario integrare all’interno dei sistemi pubblici processi di riconoscimento dei risultati e della qualità degli stessi, attarverso metodi manageriali, metriche di misurazione e strumenti di analisi della qualità, anche con questionari. Finché non cambieranno le governance di controllo del personale pubblico e parapubblico, continueremo a vivere abusi, violenze, ingiustizie. Le vivranno i cittadini, i pazienti, gli studenti, gli imputati, i contribuenti, ma anche i dipendenti pubblici, gli insegnanti, i medici e gli infermieri che, con diligenza e capacità mantengono in vita un sistema frammentato e complesso, come quello del lavoro pubblico in Italia.