Le mani della mafie sul turismo: un giro da 2,2 miliardi di euro

La parte del leone la fa la 'ndrangheta (810 milioni), seguono camorra (730) e mafia siciliana (440). Il ministro Garavaglia: "Preoccupante"

Il ministro del Turismo Massimo Garavaglia molto preoccupato dalle infiltrazioni mafiose

Il ministro del Turismo Massimo Garavaglia molto preoccupato dalle infiltrazioni mafiose

Roma - Ammonta a 2,2 miliardi di euro la stima dei proventi della criminalità organizzata derivante dall’infiltrazione economica nel comparto turistico italiano. E la parte del leone - secondo una ricerca di Demoskopika - la fa la ‘ndrangheta con un giro d’affari di 810 milioni, pari al 37% degli introiti complessivi. A seguire la camorra con 730 milioni (33%) e la mafia con 440 (20%) e criminalità organizzata pugliese e lucana con 220 (10%). Osservando il livello territoriale emerge, inoltre, che nelle realtà del Mezzogiorno si concentrerebbe il 38% degli introiti criminali, pari a 825 milioni. A seguire il Centro con 515 milioni (23%), il Nord Ovest con 490 milioni (22%) e il Nord Est con 370 milioni (17%). 

Ben 33 mila imprese del settore turistico sarebbero a rischio default con una contrazione del fatturato pari a oltre 9,3 miliardi. La prolungata crisi economica provocata dal Covid avrebbe fiaccato la solidità finanziaria del comparto rendendo molto complicata, per molti imprenditori, sia la copertura delle insolvenze che la ripresa. Due le possibili conseguenze secondo i ricercatori di Demoskopika: una crescente perdita di liquidità e forme di infiltrazione sempre più pervasive della criminalità organizzata sul tessuto economico. Su quest’ultimo aspetto, in particolare, dallo studio emerge che il 13,5% delle imprese «in affanno», pari a ben 4.450 aziende, potrebbero essere più vulnerabili ai tentativi di controllo economico da parte dei principali sodalizi criminali. Nei primi sei mesi del 2020, sono state 44.884 le operazioni finanziarie sospette localizzate nelle regioni, direttamente imputabili alla criminalità organizzata, con una crescita rilevante rispetto allo stesso periodo del 2019, pari a al 242,9%, quando erano state segnalate complessivamente 13.090 operazioni.

 In particolare, a pesare sul primato negativo della Campania, che ha totalizzato il massimo del punteggio (122,9 punti), i 101 alberghi e ristoranti confiscati, pari al 23,5% sul totale delle strutture turistiche confiscate dalle autorità competenti e le oltre 11 mila operazioni finanziarie sospette direttamente imputabili alla criminalità organizzata. A completare l’area caratterizzata da un livello «alto» di infiltrazione economica nel comparto turistico, in relazione a pesi diversi ottenuti sugli indicatori individuati, si collocano Lazio (113,8 punti), Sicilia (110,9 punti), Calabria (108,1 punti), Lombardia (106,6 punti) e Puglia (105,7 punti). Sul versante opposto, sono quattro i sistemi turistici a presentare una minore vulnerabilità, presenti nel cluster delle realtà con un rischio «basso» di infiltrazione economica: Marche (93,6 punti), Veneto (92,8 punti), Friuli Venezia Giulia (91,2 punti) e Trentino-Alto Adige (89,5 punti).

«L’indagine di Demoskopika sulle infiltrazioni mafiose nel turismo è preoccupante. È un fenomeno che danneggia pesantemente il comparto composto da imprenditori seri, danneggiati dalla pandemia. Che soffrono così 2 volte il Covid, sugli affari e sulla concorrenza mafiosa. Il governo sta elaborando formule di finanziamento trasparente in grado di sostenere gli operatori colpiti dall’impatto economico del virus, al fine di renderli impermeabili dalla contaminazione mafiosa. La ministra Lamorgese ha chiaro il quadro e credo stia già adottando iniziative volte a frenare questo tipo di infiltrazioni». Così il ministro del Tursimo, Massimo Garavaglia all'agenzia Ansa che ha divulgato in anteprima l'indagine. 

«Dati preoccupanti, anche se purtroppo non inattesi. Assoturismo, come del resto più o meno tutte le associazioni di categoria, ha più volte lanciato l'allarme sul rischio infiltrazioni dell'economia. La crisi innescata dal Covid ha creato le condizioni ideali per la criminalità organizzata: il lungo periodo di chiusura ha reso il sistema imprenditoriale fragile, e quindi permeabile. In particolare, la crisi di liquidità e le difficoltà di accesso al credito - soprattutto per le imprese più piccole, ma non solo - hanno aumentato enormemente il rischio usura: è così che le attività economiche finiscono in mano alle mafie». Il presidente di Assoturismo Confesercenti, Vittorio Messina, commenta così  la ricerca di Demoskopika sulle infiltrazioni mafiose nel turismo

. «Il fenomeno - continua Messina - non riguarda solo il turismo, ma è chiaro che questo settore è il più esposto: lavoriamo in perdita, o non lavoriamo affatto, da gennaio del 2020. Il valore delle attività si è quasi dimezzato, e questa situazione di fragilità, oltre ad essere terreno fertile per le speculazioni, dà una mano alle organizzazioni criminali, che invece sono ben fornite di liquidità e sempre più difficili da indentificare». E conclude: «Bisogna agire subito, in maniera forte: serve credito immediato, moratoria dei mutui e finanziamenti esistenti ed il blocco, almeno per un anno, delle istanze di fallimento. Soprattutto, bisogna trovare il modo di tornare a far lavorare in sicurezza le attività».