Artigiani, piccole imprese e Covid: il 2021 sarà l'anno boom del lavoro nero

Per la Cgia di Mestre, con la crisi pandemica l’esercito dei lavoratori in nero in Italia e’ in forte espansione. Persi 450mila posti di lavoro

Per molte imprese artigiane la pandemia è stata la premessa del baratro

Per molte imprese artigiane la pandemia è stata la premessa del baratro

Roma - A seguito della pesantissima crisi economica in corso, l’esercito dei lavoratori in nero presente in Italia e’ in forte espansione. Nell’ultimo anno, ricorda l’Ufficio studi della Cgia di mestre (l’Associazione Artigiani e Piccole Imprese), la crisi pandemica ha provocato una perdita di circa 450 mila posti di lavoro. Secondo l’associazione nei prossimi mesi la situazione e’ destinata a peggiorare. “Con lo sblocco dei licenziamenti previsti dapprima a fine giugno, per coloro che lavorano nelle Pmi e nelle grandi imprese, e successivamente in autunno, per quelli che sono occupati nelle micro e piccolissime aziende, c’e’ il pericolo che il numero dei senza lavoro aumenti in misura importante. Non meno impattante e’ l’effetto chiusura imposto dal Governo nelle ultime settimane a bar, ristoranti, negozi, massaggiatori, parrucchieri e centri estetici. Soprattutto nei territori piu’ provati dalla crisi, non sono pochi, ad esempio, i camerieri che in attesa di tornare ad esercitare la propria professione si stanno improvvisando edili, dipintori, idraulici, giardinieri o addetti alle pulizie”.

”Eseguono piccoli lavori pagati poco e in nero che, tuttavia, consentono a queste persone di portare a casa qualche decina di euro al giorno, permettendo cosi’ a molte famiglie di mettere assieme il pranzo con la cena. In questo momento cosi’ difficile, chi lavora irregolarmente per necessita’ non va assolutamente criminalizzato; ci mancherebbe. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che chi opera completamente o parzialmente in nero fa concorrenza sleale, altera i piu’ elementari princi’pi di democrazia economica, danneggiando chi lavora nel rispetto delle leggi e paga le imposte e i contributi previdenziali fino all’ultimo centesimo”, osserva la Cgia. “Altrettanto diffusa sul territorio e’ l’attivita’ svolta da finti parrucchieri, estetisti e massaggiatori abusivi che a seguito delle chiusure di queste attivita’, causa Covid, stanno imperversando, soprattutto in questa settimana di Pasqua, recandosi nelle abitazioni dei/delle clienti per il taglio, la messa in piega, il massaggio ayurvedico, la depilazione o la pulizia del viso”.

“Una decisione - quella presa dal governo Draghi di chiudere in zona rossa tutto il settore benessere - ritenuta immotivata. Le attivita’ di acconciatura e di estetica - sottolineare la Cgia - dal maggio dell’anno scorso hanno applicato con la massima diligenza le linee guida dettate dalle autorita’ sanitarie e dal Governo precedente, intensificando le gia’ rigide misure previste dal settore sul piano igienico-sanitario e si sono riorganizzate per garantire la massima tutela della salute degli imprenditori, dei loro collaboratori e dei clienti. Lavorando su prenotazione e avendo investito notevolmente in prevenzione, non risulta che in nessuna parte del Paese si siano verificati dei focolai di contagio presso queste attivita’ tale da giustificare la decisione di chiudere tutto. Come dicevamo, ad ‘ammortizzare’ una parte dei posti di lavoro persi a causa dell’emergenza sanitaria ci sta pensando l’economia sommersa”.

La Cgia ricorda che “gli ultimi dati disponibili ci dicono che in Italia ci sono oltre 3,2 milioni di occupati in nero, il tasso di irregolarita’ e’ del 12,9% e tutte queste persone producono un valore aggiunto in nero di 77,8 miliardi. Il dilagare del lavoro irregolare non comporta un danno solo alle casse dell’erario e dell’Inps, ma anche alle tantissime attivita’ produttive e dei servizi, le imprese artigianali e quelle commerciali che, spesso, subiscono la concorrenza sleale di questi soggetti. Inoltre, non vanno nemmeno sottovalutate le condizioni lavorative a cui sono sottoposti gli irregolari. A livello territoriale sono le regioni del Mezzogiorno a essere maggiormente interessate dall’abusivismo e dal lavoro nero. Le situazioni piu’ virtuose si registrano nel Nordest”, è la tesi finale.