LAVORO E FLESSIBILITÀ UNA STAGIONE DI RIFORME PER RIPARTIRE

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L’ANNUNCIO del Governo di questi giorni di incentivare, mediante forme di agevolazione contributiva, la stipula di contratti a termine rappresenta una novità importante sotto almeno due aspetti. Il primo è il fatto che finalmente, dopo almeno un triennio, sembrano esserci le condizioni per ragionare su ciò che effettivamente serve al nostro mercato del lavoro per ridurre i devastanti effetti occupazionali derivanti dalla crisi, abbandonando aprioristici approcci ideologici. Il secondo, per certi versi figlio del primo, è che pare si possa aprire una stagione riformatrice basata sull’analisi dei dati macroeconomici e dei contributi effettivi al mercato del lavoro delle diverse tipologie contrattuali, trasformando le norme sulla flessibilità in entrata da pro cicliche (che aggravano cioè le dinamiche macroeconomiche negative) ad anticicliche.

Proviamo allora a dare un’occhiata ai numeri, anche avvalendoci delle risultanze di una recente (ed imponente) ricerca promossa dall’Università degli Studi Roma TreAssociazione LabChain ed Assolavoro, basata sull’analisi puntuale di milioni di comunicazioni obbligatorie effettuate dai datori di lavoro negli degli ultimi dieci anni. La prima evidenza è che le ultime tre Riforme del mercato del lavoro (decreto Poletti del 2014, Jobs Act del 2017, e il c.d. decreto dignità del 2018) hanno tutte avuto effetti significativi (ed opposti) sul nostro mercato del lavoro. Soffermiamoci sull’ultima, visto che al momento il pendolo è fermo sul cosiddetto decreto dignità: negli ultimi anni questa norma ha prodotto una significativa caduta del lavoro a termine, anche somministrato. Ad averne risentito maggiormente sono state le classi dei lavoratori tra i 25 e i 34 anni, con una riduzione dell’11.8%, e quella tra i 35 e i 44 anni, con il 15,4% in meno. Gli effetti della ‘disincentivazione’ normativa dei contratti a termine si sono sommati a quelli della pandemia Covid 19, con l’economia italiana che nel 2020 ha registrato una contrazione di entità eccezionale. La caduta del Pil su base annua è stata pari al –8,9% (Istat) e in media annua si è osservata una riduzione senza precedenti (dalla crisi finanziaria del 2008) sia dell’occupazione che della disoccupazione dal momento che molte persone senza lavoro di fronte alla crisi soverchiante hanno smesso di cercare e sono finite ad alimentare il bacino degli inattivi.

Il calo dell’occupazione ha riguardato soprattutto gli occupati alle dipendenze a termine (–391 mila su base annua, pari a –12,8%) e, in minor misura, gli indipendenti (–154 mila, -2,9%). Si sono infine anche ampliati i divari di genere rispetto alle variabili di inclusione occupazionale. Dati alla mano appare evidente la necessità di cambiare urgentemente rotta tornando velocemente ad incentivare quelle forme di impiego anche a termine più virtuose capaci di intercettare la flebile e diversificata domanda di lavoro che viene dalle imprese. Questo anche in considerazione del fatto che per il 2021 la Commissione europea ha previsto per il nostro Paese andamenti sotto la media Ue, con una crescita del Pil del 3,4% e del 3,5% rispettivamente nel 2021 e nel 2022 (in autunno le stesse previsioni erano del 4,1% e del 2,8%).

Chiaramente il Legislatore dovrà operare una attenta selezione delle forme di impiego da incentivare. Un’altra delle evidenze che emergono dalla ricerca dell’Università Roma Tre è quella che riguarda la capacità della somministrazione di lavoro di contribuire, più dell’occupazione diretta a termine, alla occupabilità dei lavoratori. La probabilità infatti di rioccupazione entro 30 giorni dei lavoratori in somministrazione è risultata pari al 60%, ed è doppia rispetto a quella dei contratti a termine che hanno una probabilità del 30%). Le distanze risultano significative anche per intervalli di tempo più ampi, dopo 90 giorni poco più della metà dei lavoratori (51,08%) con un contratto a termine scaduto o cessato con un’azienda stipula un ulteriore contratto, mentre ciò accade per il 74,81% dei lavoratori che avevano visto terminare un contratto in somministrazione. Ogni percorso riformatore serio dovrà partire anche da questi numeri.

* Direttore generale di Assolavoro