La piastrella resiste al virus "Svegliare il mercato Italia"

Il comparto soffre, ma smentisce le previsioni più fosche

Migration

di Gianpaolo Annese

Frena la produzione e rallentano le vendite, ma la ceramica, contrariamente alle fosche previsioni circolate quando è esplosa la pandemia, non si schianta. Il settore ha vissuto il 2020 sull’ottovolante: bene i primi due mesi, in crescita rispetto allo stesso periodo del 2019.

Poi quando è cominciato il lockdown a marzo è arrivata la gelata: in alcune settimane non si è nemmeno spedito, i volumi sono calati drasticamente (sul mercato italiano in alcuni casi nell’ordine del 40 per cento), registrando crolli di vendite in diversi Paesi esteri anche del 20-25 per cento. Tutto lasciava presagire insomma che si sarebbe assistito impotenti a un collasso epocale, sicuramente a doppia cifra. E invece non è andata così.

Alla fine, tra alti e bassi, le esportazioni si sono attestate su un accettabile meno 2 per cento, mentre il mercato italiano, che comunque langue ormai da anni, continua a vivere il suo letargo attestandosi su un rigidissimo meno 12. "Il riscatto è cominciato a partire da maggio ed è proseguito anche nei mesi estivi, per arrivare fino a fine anno. Sui diversi mercati abbiamo registrato incrementi di consumo inaspettati: forse stando molto più tempo in casa le persone si sono rese conto della necessità di migliorare la propria abitazione", spiega il presidente di Confindustria ceramica Giovanni Savorani (nella foto in basso).

In particolare, se le vendite in Europa occidentale superano il 2 per cento – grazie a risultati positivi nei mercati di lingua tedesca – siamo di fronte a una sostanziale stasi in Nord America (-1, 7%), mentre si precipita in territorio negativo se parliamo di Golfo, Nord Africa e Far East, dove la flessione è stata nell’ordine del 10-12 per cento. Peggio che mai in America Latina: meno 30 per cento. Rilevante è stato anche, fa notare il presidente, "la diminuzione della produzione, pari a quasi il 18 per cento. In parte questo è dipeso dallo smaltimento dei magazzini e dal fatto che ormai, grazie agli investimenti in Industria 4.0, le aziende riescono a gestire le scorte in maniera più efficiente. Ma non dobbiamo dimenticare che l’Italia è stata ferma sei settimane, mentre diverse aziende in Spagna anche solo una decina di giorni". Una mano considerevole per la ripresa potrebbe arrivare dal potenziamento delle infrastrutture.

L’insediamento del nuovo governo è l’occasione per rinnovare l’appello a far partire la Bretella Sassuolo-Campogalliano, "che velocizzerebbe la circolazione delle merci, riducendo nel contempo le emissioni inquinanti derivanti dal trasporto. Il progetto del raccordo ferroviario tra Marzaglia e Dinazzano, necessario per mettere a sistema gli scali, ci vede favorevoli e rappresenta – assieme a tutte le altre infrastrutture già decise – una opportunità per recuperare competitività rispetto alla Spagna e alla Turchia".

Savorani, comunque, sul futuro esprime ottimismo: "Per l’Italia molto è legato al decollo del Superbonus del 110 per cento per le abitazioni". A questo proposito, il presidente degli industriali ceramici rileva come "si tratti di una bellissima iniziativa, che ha come obiettivo il rilancio dell’edilizia, vero comparto trainante l’economia. Occorre però sburocratizzare le pratiche per accedere al bonus, situazione che scoraggia molti dall’avviare i lavori e, soprattutto, bisognerebbe equiparare la scadenza degli incentivi a quella del Recovery Fund, il 2026. L’Italia ha assoluto bisogno di più tempo per rimodernare il proprio patrimonio edilizio. Non dimentichiamo che l’inquinamento delle città è dovuto nella maggior parte al riscaldamento poco efficiente delle abitazioni".

Sarebbe l’occasione per risvegliare il mercato interno. "L’Italia assorbe solo il 20 per cento del totale delle nostre vendite. È troppo poco, bisogna arrivare almeno al 25-30 per cento". Nel complesso, in 20 anni il comparto è sceso da 600 milioni di metri quadri di piastrelle a 400 milioni, perdendo anche 10 mila posti di lavoro. "Dobbiamo assolutamente evitare di perdere altri milioni di metri quadrati di produzione nei prossimi 20 anni, se vogliamo tutelare gli attuali livelli di occupazione".