L’INFLAZIONE RIALZA LA TESTA GESTORI PRONTI A DIFENDERE IL CAPITALE

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SEMBRAVA dimenticata da decenni e invece ora torna a far paura. Stiamo parlando dell’inflazione, cioè l’aumento dei prezzi al consumo che da sempre è il nemico numero uno dei risparmiatori, piccoli e grandi, poiché erode il potere di acquisto della loro ricchezza. Oggi, tra i private banker che gestiscono i patrimoni dei grandi investitori così come tra i consulenti finanziari con portafogli un po’ più modesti, si è fatto strada un interrogativo da non sottovalutare: bisogna temere una nuova fiammata inflazionistica, che in America è già arrivata al 4% su base annua? E cosa occorre fare per difendere il proprio gruzzoletto (o quello dei clienti) da un eventuale aumento dei prezzi? Se lo chiedono in molti anche tra gli esperti delle case di gestione dei fondi d’investimento, visto quello che sta accadendo all’economia mondiale. Se la pandemia finalmente verrà superata e il Pil di molti Paesi tornerà a viaggiare con il turbo, non è affatto escluso che anche i consumi e i salari tornino a galoppare, spingendo in alto il costo della vita, tanto più se si considera ciò che hanno fatto negli ultimi anni le autorità monetarie. Le banche centrali hanno infatti inondato di liquidità il sistema finanziario e portato sotto zero i tassi d’interesse, creando tutti i presupposti perché la moneta liquida circoli in gran quantità sul mercato, senza essere immobilizzata in attività di lungo termine.

"Crediamo che l’inflazione giocherà un ruolo di primo piano in molti Paesi, poiché i governi cercheranno di ridurre il valore reale del debito che hanno accumulato durante la crisi", sostiene per esempio Steve Land, analista e portfolio manager della grande casa d’investimenti internazionale Franklin Templeton. Questo scenario, secondo Land, "potrebbe alimentare la domanda di oro quale alternativa comprovata alla detenzione di carta moneta". Da sempre il metallo giallo, una materia prima che non deperisce nel tempo e conserva dunque il proprio valore, è sempre stato visto come l’investimento-rifugio ideale quando l’aumento dei prezzi si fa sempre più intenso e la moneta di carta diventa sempre più debole. Dunque gli analisti e i gestori di Franklin Templeton sono oggi ottimisti sulle prospettive delle quotazioni dell’oro ma anche sulle azioni di società aurifere (cioè che estraggono e producono il metallo giallo) a capitalizzazione medio-bassa. Si tratta infatti di player che potrebbero entrare a far parte di un processo di consolidamento del loro settore, con una fase di fusioni e acquisizioni (M&A).

Tra le strategie suggerite nei giorni scorsi da Maria Paola Toschi, market strategist della casa di gestione J.P. Morgan Asset Management, c’è invece quella di inserire nel portafoglio anche strumenti d’investimento inflation linked, cioè con rendimenti legati all’inflazione. Ci sono per esempio molte obbligazioni e titoli di stato di questa categoria (anche in Italia), che offrono cedole indicizzate all’aumento dei prezzi. Nella sua analisi Toschi invita a prendere in considerazione diversi scenari che potrebbero delinearsi all’orizzonte con la ripresa economica successiva alla pandemia. "La Federal Reserve continua a sposare la tesi della inflazione temporanea", ricorda Toschi, sottolineando però come alcuni elementi facciano pensare che il trend al rialzo dei prezzi al consumo sia un po’ più strutturale, dopo il periodo di bassa inflazione seguito alla grande crisi finanziaria globale iniziata nel biennio 2007-2008.

Inoltre, ha aggiunto la market startegist di J.P. Morgan Asset Management, "le materie prime e l’energia hanno registrato dei rimbalzi dei prezzi poderosi. Ciò è ovviamente la conseguenza della forte domanda post lockdown ma si teme che il fattore-scarsità possa proseguire. Anche l’implementazione di misure che puntano a raggiungere livelli di emissioni zero di anidride carbonica – conclude Toschi – potrebbero aver effetti inflazionistici, con un maggiore uso di fonti rinnovabili, che hanno prezzi alla produzione più elevati rispetto alle energie tradizionali". Dunque, anche se non ci sarà un caroprezzi da capogiro come quello che si registrava negli anni ‘70 e ‘80 del secolo scorso, c’è un mix di fattori che potrebbe comunque spingere all’insu’ il costo della vita, che tradizionalmente ha un’azione erosiva sui risparmi. Gli investitori, i private banker e i consulenti finanziari sono avvertiti.