FIAMMATA O TREND? L’INFLAZIONE INTERROGA I MERCATI

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IL 5% IN PIÙ su base annua. È il balzo subito tra il maggio del 2020 e lo stesso mese del 2021 dai prezzi al consumo negli Stati Uniti. Era dal 2008 che non si vedeva una cifra così tonda per l’inflazione, che oggi è tornata a viaggiare con il vento in poppa soprattutto per una ragione. L’economia d’Oltreoceano è in forte ripresa in vista dell’uscita dalla pandemia del Covid-19, i consumi stanno salendo vertiginosamente rispetto ai mesi dei lockdown e il costo della vita, come sempre avviene quando le gente spende e il Pil viaggia spedito, subisce un’ impennata verso l’alto.

Quanto durerà? È proprio quello che si chiedono in molti nella comunità finanziaria tanto che le maggiori Borse internazionali, la scorsa settimana, hanno un po’ navigato nell’incertezza proprio per i timori di una fiammata dell’inflazione. Ma perché il carovita fa così paura agli investitori? La ragione è che è da sempre è un nemico giurato dei risparmiatori: fa perdere potere d’acquisto (e quindi valore) alla liquidità che giace sui conti correnti, ma anche alle obbligazioni e ai titoli di Stato già emessi sul mercato, che oggi danno interessi molto bassi, spesso vicini allo zero e perdono appeal tra gli investitori se il costo della vita sale. Come ha dimostrato una simulazione realizzata dalla società di gestione del risparmio Moneyfarm (si veda l’intervista nella pagina qui a fianco all’analista Michele Morra), anche un’inflazione contenuta può erodere nel medio periodo il valore dei risparmi di una famiglia, se questi non vengono fatti fruttare adeguatamente. Nell’ipotesi di un caroprezzi di appena il 2% annuo, ad esempio, un capitale di 20mila euro varrà dopo un decennio l’equivalente di circa 13.500 euro. Ecco perché l’inflazione non fa certo piacere alla comunità finanziaria, visto che le banche centrali hanno un solo modo per fermarla: devono attuare una stretta monetaria, cioè aumentare i tassi d’interesse, spingendo gli operatori economici a detenere meno moneta in circolazione e raffreddando così un’economia che si è un po’ troppo surriscaldata.

Se però i tassi d’interesse aumentano e torna conveniente puntare sui titoli a reddito fisso come le obbligazioni per crearsi una rendita sicura, c’è il rischio che molti investitori voltino improvvisamente le spalle agli asset più rischiosi come le azioni. Il che comporta ovviamente un brusco capitombolo per le borse, che da molto tempo viaggiano con il vento a favore, proprio grazie ai tassi bassi e allo scarso appeal dei titoli di stato e delle altre obbligazioni. Dobbiamo dunque attenderci questo scenario? Per adesso analisti e gestori dei fondi d’investimento sembrano moderatamente ottimisti, almeno in un’ottica di medio e lungo termine. Secondo loro, un aumento repentino dei tassi non ci sarà, almeno in Europa. Giovedì 10 giugno, la presidente Christine Lagarde (nella foto) ha riunito i vertici della Banca Centrale Europea (Bce), aggiornando le sue previsioni sull’inflazione nel 2021 e nei prossimi anni. Il caroprezzi nel Vecchio Continente, secondo la Bce, sarà un po’ più alto del previsto ma comunque contenuto: attorno all’1,9% quest’anno, all’1,5% nel 2022 e all’1,4% nel 2023. Dunque, se in America il costo della vita preoccupa un po’, al di qua dell’Oceano resta invece sotto la soglia del 2% fissata come obiettivo dalla Banca centrale fin dalle sue origini. Fatte queste premesse, cercare di difendere i propri risparmi da una mini fiammata dei prezzi non è tuttavia un’idea sbagliata.

Chi non vuole avventurarsi tra le insidie del mercato azionario, trova un’alternativa nel settore obbligazionario con i bond inflation linked, cioè le obbligazioni con rendimento legato all’inflazione. Fanno parte di questa categoria i Btp€i, cioè buoni poliennali del Tesoro il cui valore di rimborso cresce nel tempo, in base all’inflazione registrata mediamente ogni anno nella zona Euro. Poi ci sono i Btp Italia, il cui valore di rimborso rimane fisso nel tempo ma offre degli interessi periodici indicizzati all’andamento del costo della vita. Un tempo c’erano anche i Buoni Postali indicizzati all’inflazione, il cui collocamento è stato però purtroppo sospeso negli anni scorsi. Non va dimenticato inoltre che in Italia esistono anche centinaia di fondi che investono in obbligazioni inflation linked collocate un po’ in tutto il mondo, sia dagli Stati, che dalle società private.