BORSA E PMI, IL CIRCOLO VIRTUOSO CHE PREMIA GLI INVESTITORI

Migration

C’ERANO una volta i fan delle blue chip, le azioni delle grandi aziende di Piazza Affari che tra gli operatori della Borsa di Milano hanno avuto sempre grande appeal. Da qualche anno a questa parte, però, a regalare le maggiori soddisfazioni agli investitori è stata invece un’altra categoria di azioni: quelle delle piccole e medie imprese (Pmi) attive in diversi segmenti del made in Italy, dalla meccanica alla moda, dall’agroalimentare alla farmaceutica. Per rendersene conto, basta dare un’occhiata all’andamento dei principali indici del listino milanese, che è ben lontano dai massimi storici ma ha recuperato quasi interamente le perdite registrate tra l’inverno e la primavera del 2020, quando è scoppiata la pandemia del Covid-19 e sui mercati si è diffuso il panico.

Seppur in un andamento generale positivo, negli ultimi mesi non tutti gli indici di Piazza Affari si sono comportati allo stesso modo. Il Ftse Mib, che raggruppa le azioni più importanti (cioè quelle con la capitalizzazione maggiore), in un anno ha guadagnato complessivamente il 26% (dati aggiornati al 7 luglio scorso). Molto meglio è andato il Ftse Italia Small Cap, rappresentativo delle azioni di società a piccola capitalizzazione, che in un anno ha registrato una performance di +49% circa, cioè superiore di oltre 20 punti percentuali a quella del listino principale. Ancor più marcata è la differenza tra il Ftse Mib e il Ftse Star, l’indice che raggruppa i titoli di medie imprese nazionali d’eccellenza, che ha guadagnato in 12 mesi oltre il 60%. Completano il quadro i rialzi del Ftse Aim Italia (+45% in un anno), il paniere rappresentativo delle azioni dell’Aim, il mercato nato quasi 15 anni or sono a Piazza Affari, interamente riservato alle piccole aziende con un elevato potenziale di crescita. Le Pmi della Penisola, insomma, non sono soltanto la spina dorsale dell’economia nazionale. Nell’ultimo quinquennio sono state anche le "regine" della Borsa. Come sono riuscite a diventarlo?

Alla base delle loro performance ci sono sostanzialmente due fattori, uno di tipo strutturale e un altro di carattere congiunturale. Innanzitutto, non va dimenticato che le piccole e medie aziende quotate in Borsa sono appunto delle vere e proprie eccellenze: sono società ben gestite, hanno un azionariato di maggioranza solido e si sono fatte spazio sui mercati esteri raggiungendo posizioni di leadership in settori di nicchia, dove contano molto l’innovazione, la tecnologia e la qualità dei prodotti. Ne sa qualcosa chi ha seguito le gesta del titolo di SeSa, azienda di Empoli che fornisce soluzioni e servizi di Information Technology. Cinque anni fa le azioni erano quotate a un prezzo di poco meno di 14 euro, mentre la scorsa settimana valevano ciascuna almeno 10 volte tanto, cioè 146 euro. Più o meno lo stesso trend c’è stato per un’altra azienda italiana del settore dell’information technology, la romana Tinexta, il cui titolo valeva poco più di 3 euro nel 2016, mentre la scorsa settimana era quotata a ben 33 euro circa.

A determinare questi rialzi da capogiro delle small cap è stato però anche un altro fattore che va aldilà delle loro virtù particolari o dei loro dati di bilancio da incorniciare. Negli ultimi anni, infatti, le autorità di Borsa ma anche il Parlamento si sono dati da fare per approvare un insieme di leggi e di incentivi capaci di avvicinare le piccole e medie aziende al mercato dei capitali, per liberarle da un’eccessiva dipendenza dai sempre più stretti canali di finanziamento bancario. Nel 2017 hanno debuttato per esempio i Pir (piani individuali di risparmio), cioè una nuova categoria di prodotti finanziari (per lo più fondi comuni di investimento) con un portafoglio composto in gran parte di titoli emessi da piccole e medie aziende non appartenenti al listino principale della Borsa di Milano. I Pir godono di un’agevolazione fiscale poiché i rendimenti realizzati da questi fondi sono completamente esenti da imposte (cioè dal prelievo del 26%) se l’investitore non liquida il capitale per almeno 5 anni. Oltre ai Pir nati nel 2017, nell’ultimo anno ha debuttato una nuova categoria di prodotti finanziari ideati per stimolare ancor di più gli investimenti nelle Pmi. Si tratta degli Eltif (o Pir alternativi) che, sempre godendo di notevoli agevolazioni fiscali sui rendimenti, potranno investire una parte del loro portafoglio anche in titoli di società non quotate in Borsa (cosa che era invece preclusa ai Pir originari). Per le piccole e medie imprese, insomma, è arrivata una nuova fonte di finanziamento.