La nuova frontiera dei microchip: imitare il cervello

Migration

Milano, 13 settembre 2021 - La produzione arranca a livello mondiale, la ricerca per soluzioni tecnologiche sempre più avanzate corre a grande velocità. Il mondo dei microchip vive un doppio percorso che ha una unica certezza finale: avere chip sempre più miniaturizzati e performanti è la ’conditio sine qua non’ per restare competitivi nella consumer electronic, nell’automotive, nella meccanizzazione e nella robotica, nella IoT (Internet of things), nelle telecomunicazioni. Insomma, nel mondo di domani, che è già quello di oggi.

Sul fronte della ricerca, una nuova frontiera è quella esplorata dalla National University di Singapore, che, in collaborazione con altri atenei indiani e americani, sta sviluppando un dispositivo di memoria ispirato al funzionamento del cervello umano. I ’memristore’ (dispositivi di memoria) tradizionali di ossido di metallo vengono accesi e spenti con una tensione fissa; questo memristore ’molecolare’ potrà invece essere riconfigurato per eseguire calcoli differenti, modificando al volo la tensione operativa, una funzionalità estrememente utile in tutti i casi in cui ci sia una alimentazione limitata, ad esempio gli smartphone. "Inoltre, come le cellule nervose possono memorizzare i ricordi, lo stesso dispositivo può conservare le informazioni per recuperarle ed elaborarle in seguito – spiegano i ricercatori del Dipartimento di Fisica del NUS –. Un singolo dispositivo di memoria molecolare potrebbe svolgere le stesse funzioni di calcolo per cui oggi sono impiegati migliaia di transistor".

In concreto, intanto, c’è l’utilizzo sempre più esteso dell’Intelligenza Artificiale, che può accelerare la produzione progettando la configurazione in poche ore invece che mesi, con risultati pari o addirittura superiori a quelli ottenuti dagli ingegneri in carne e ossa. L’approccio è così promettente da essere già impiegato nella progettazione dei futuri sistemi di intelligenza artificiale targati Google. Lo rivela lo studio pubblicato su Nature dai ricercatori di Mountain View in collaborazione con quelli della Stanford University in California. E anche Samsung ha annunciato poche settimane fa la produzione di nuovi chip utilizzando l’IA di Synopsys, software firm americana leader nell’automazione della progettazione elettronica.

La performance dei chip dipende dal modo in cui le loro componenti vengono fisicamente disposte: disegnare la planimetria dei circuiti è un compito complesso che richiede tempo e finora è stato molto difficile da automatizzare. Per superare questo problema, i ricercatori californiani hanno sviluppato una rete neurale che hanno poi addestrato con il reinforcement learning, una tecnica di apprendimento automatico, in modo che risolvesse la pianificazione del chip come un gioco in cui le componenti sono dei pezzi da sistemare su una tavola per ottenere il ‘risultato ottimale’, valutato secondo parametri quali performance, consumo energetico e dimensioni (non a caso, il processo di reinforcement learning più famoso è quello di DeepMind, azienda che fa capo a Google e che cinque anni fa aveva sviluppato AlphaGo, programma capace di battere a Go giocatori di livello mondiale). L’algoritmo così sviluppato riesce a generare in meno di sei ore dei chip dal design fattibile che risultano comparabili o addirittura superiori a quelli disegnati dagli esseri umani, risparmiando migliaia di ore di lavoro. "Lo sviluppo di metodi migliori, più veloci e meno costosi per la progettazione automatizzata di chip – scrive in un articolo di commento Andrew B. Khang dell’Università della California – ci aiuterà a mantenere la traiettoria segnata dalla legge di Moore", secondo cui il numero di componenti per chip è raddoppiato ogni due anni.

Le note dolenti sono quelle che arrivano dal fronte della produzione: la penuria di chip è oggi un problema mondiale, che sta bloccando, ad esempio, le produzioni di auto in Usa ed Europa. Per contrastare lo strapotere asiatico (si calcola che il 75% dei semiconduttori venga prodotto fra Cina, Taiwan e Corea del Sud) è scattata la corsa a realizzare nuovi stabilimenti. Ultimo caso, ma solo in ordine di tempo, è Intel, che ha appena annunciato investimenti fino a 80 miliardi di euro nel prossimo decennio per aumentare la capacità di produzione di chip in Europa.